Incendio a Lusciano, identificata la vittima: «Qui si muore ancora di lavoro e stenti»

I volontari raccolgono gli effetti personali dell'immigrato morto nel rogo della baracca a Lusciano
«Si chiamava Hammed, conosceva sette lingue e da circa 30 anni era in Italia. Un paese che credeva ospitale ma che ha scoperto totalmente indifferente al suo destino e a...

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«Si chiamava Hammed, conosceva sette lingue e da circa 30 anni era in Italia. Un paese che credeva ospitale ma che ha scoperto totalmente indifferente al suo destino e a quello di tanti altri. Stanotte è morto nel rogo della sua baracca nelle campagne di Lusciano, alle porte di Aversa».

I volontari del Comitato don Diana hanno infatti identificato l'uomo morto ieri notte nel rogo di una baracca.

«Quando Jerry Masslo fu ucciso, al suo funerale, società civile, istituzioni e politica, gridando insieme allo scandalo, giurarono che non sarebbe mai più accaduto ed invece oggi si muore ancora nella povertà più estrema e mentre l'umanità è colpevolmente distratta. Hammed è morto di stenti e di freddo, stremato dallo sfruttamento. Da solo, senza nemmeno una mano da stringere. Dinanzi alla sua morte siamo tutti colpevoli». Sono intrise di rabbia e dolore le parole di Salvatore Cuoci, il coordinatore del comitato don Peppe Diana che stamattina, con Simmaco Perillo, è accorso sul posto insieme a Aboubakar Soumahoro, sindacalista ivoriano in lotta contro la schiavitù del nostro tempo. 

È un olocausto moderno, silenzioso e senza fine. Hammed è solo l'ultima vittima di un sistema culturale che non integra ma esclude. E se le cose non cambieranno in fretta, ci saranno ancora tanti Hammed che neanche più verranno contati.

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Il Mattino