Rischia di infiammare un’altra estate la spy story dei Casalesi, quella sulla pen drive dei misteri di Michele Zagaria, rubata da un poliziotto nel covo del boss e...
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Un nuovo pentito dunque parla di quella penna usb a forma di cuore e ricostruisce la fase successiva la presunta compravendita della pennetta. Si tratta di Salvatore Orabona.
I verbali del collaboratore di giustizia, depositati dal pm Maurizio Giordano nel corso del processo Medea, aggiungono particolari di notevole rilievo alla storia dell’archivio telematico del boss che sarebbe stato restituito alla cosca grazie alla complicità di un poliziotto dopo la cattura dell’ex primula rossa, stanato in un bunker a Casapesenna nel 2011. «Dell’esistenza della pen drive seppi quando ero detenuto a Carinola. Ne parlarono Carlo Bianco e Antonio Zagaria», spiega il collaboratore. «Era il 2015. Zagaria disse a Bianco che non appena fosse stato scarcerato avrebbe dovuto recuperare la pen drive e consegnarla a Filippo Capaldo (nipote del capoclan, ndr) in quanto essa conteneva informazioni molto preziose sulle aziende collegate al clan, sui politici amici e sugli imprenditori estorti». E spiega che c’era un piano per far credere alla polizia che in quell’ormai arcinota pen drive a forma di cuore e tempestata di swarovski c’erano le foto e le ricerche scolastiche della figlioletta dei coniugi Inquieto, proprietari della villetta di via Mascagni a Casapesenna sotto il cui pavimento c’era il bunker del superlatitante. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino