Parco Saraceno, quel degrado che piace ai registi

Parco Saraceno, quel degrado che piace ai registi
Castel Volturno. Il front man del gruppo musicale La Maschera nel video clip appena pubblicato dell’ultimo lavoro discografico (Palomma ‘e mare) canta con il panorama...

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Castel Volturno. Il front man del gruppo musicale La Maschera nel video clip appena pubblicato dell’ultimo lavoro discografico (Palomma ‘e mare) canta con il panorama mozzafiato del golfo di Napoli di spalle. Ma si tratta di una cartolina. La realtà è ben diversa da quella rappresenta e si scopre appena il poster è sfasciato a bastonate. Perché l’immagine iconoclasta di Napoli serve a nascondere il fallimento di una società che non riesce a tutelare i propri beni, soprattutto quando sono di pubblica utilità. E quale area più della spiaggia del Parco Saraceno a Castel Volturno può rappresentare meglio questa idea? Il parco degli abusivi nel quartiere di Pinetamare sarebbe dovuto essere abbattuto da molti anni per fare spazio a un porto turistico. 

Ma i progetti sono rimasti sulla carta e l’abitato si è rapidamente trasformato nel fantasma di cemento armato di ciò che rappresentava appena venti anni fa, quando ospitava le famiglie dei militari della Nato. Qui ogni tipo d’illegalità è consentita e fra le sue palazzine corrose dalla salsedine vige la regola secondo cui non ci sono regole, se non quelle imposte dal più prepotente di turno. 
Ovviamente nell’abitato c’è il pellegrinaggio di giornalisti e fotoreporter provenienti da più parti del mondo per raccontare le sue miserie. Ma anche e soprattutto i registi sono attratti da quello che appare come il fascino morboso del Parco Saraceno. Prima dei La Maschera, i Moderap, un altro gruppo musicale napoletano, qui ha ambientato il suo videoclip, Venezuela, cantando «Qua le guardie non ci mettono piede». Mentre Matteo Garrone, sempre fra le trenta palazzine saracene, ha appena finito di girare qui il suo terzo film; dopo L’Imbalsamatore e Gomorra, al Parco Saraceno ha registrato Dogman. 

Insomma, una sorta di Cinecittà, ma reale e a costo zero. Che poi a pagare il prezzo più alto pare sia lo stesso territorio dove sono ambientate le opere di fiction. Perché smontati i set e andate viale varie produzioni cinematografiche, al parco Saraceno resta tutto immutato, il medesimo delirio impresso nelle pellicole. Insomma, qui la vita di tutti i giorni non è un film, ma così sembra.
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Il Mattino