«Pazzo d’amore», boss stalker condannato a 5 anni di carcere

«Pazzo d’amore», ras-stalker condannato a 5 anni di carcere
«Ma perchè, c’è qualcuno che è stato pure arrestato per stalking?», diceva il boss Angelo Gagliardi ai suoi due scagnozzi, il giorno prima...

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«Ma perchè, c’è qualcuno che è stato pure arrestato per stalking?», diceva il boss Angelo Gagliardi ai suoi due scagnozzi, il giorno prima di essere arrestato. Era il 15 gennaio del 2020 ed era già intercettato dagli inquirenti. Lui, neanche lo sapeva.

Uscito dal carcere per fine pena nel 2018 (dopo 30 anni di detenzione, la metà dei quali scontati in regime di 41 bis), il 16 Gennaio di un anno e mezzo fa era stato arrestato per stalking nei confronti di una donna più piccola di lui di venti anni. Si era innamorato, Angelo Gagliardi. E si era trasformato da uno dei «capibastone» del clan - nato sotto il controllo di Augusto La Torre - al più ingenuo degli innamorati. Ma neanche tanto. Perché per costringere la donna a stare con lui l’aveva fatta addirittura seguire da due complici, ora indagati pure loro. 

Ieri mattina, il pm della procura sammaritana Armando Bosso ha chiesto per il boss Angelo la condanna a 9 anni di carcere. In serata, il giudice del tribunale di Santa Maria Capua Vetere ha condannato Angelo Gagliardi a 5 anni e tre mesi di carcere per stalking. Inoltre, il camorrista dovrà risarcire le vittime (madre e figlia) con una somma provvisionale di 8mila euro. L’inchiesta era nata da una denuncia della donna perseguitata che aveva raccontato alle forze dell’ordine i pedinamenti e le minacce. «Ti sciolgo nell’acido», sarebbe stata una delle tante minacce del capoclan rivolte alla donna, madre di una bambina, in via di separazione dal marito. Una donna già provata dal suo vissuto che era finita nelle mani del boss da cui, però, voleva liberarsi. Ma lui, per entrare nelle grazie della poverina, aveva persino organizzato una festa per la figlia piccola di lei. Quest’ultima, però, non avrebbe accettato la proposta di una convivenza con Gagliardi; ben presto, aveva capito che era meglio prendere le distanze. Troppo tardi. Il boss aveva deciso per lei: era sua.

L’avrebbe aggredita verbalmente a «scopo punitivo» a più riprese, manifestando un atteggiamento possessivo e una morbosa gelosia (essendo ossessionato dall’idea che la donna potesse tradirlo con altri uomini), pretendendo che quest’ultima assecondasse ogni sua richiesta e non tollerandone i tentativi di «ribellione» e di allontanamento, facendo leva sul timore suscitato a causa dei suoi trascorsi criminali. 

Dopo un periodo di titubanza, la vittima ha poi deciso di confidarsi con un conoscente carabiniere; da qui, la denuncia delle violenze subite, delle ossessioni di lui che non lasciavano vivere nè lei nè la figlia. Gagliardi era tornato a Mondragone per essere poi arrestato di nuovo. Nella sua città ha rappresentato per tanto tempo un personaggio di spicco della criminalità organizzata: in passato è stato affiliato al clan La Torre di Mondragone e annovera, a suo carico ci sono accuse di associazione di stampo mafioso, omicidi, rapine, furti, vilipendio e soppressione di cadavere. Ora, è in carcere per stalking.

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Il Mattino