Fontana sotto il «torchio» del pm rapporti con politici e «divise»

Fontana sotto il «torchio» del pm rapporti con politici e «divise»
I rapporti di Pino Fontana con i (presunti) apparati deviati dello Stato. È stato questo il tema affrontato nella lunga udienza che si è tenuta ieri, a Palazzo di...

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I rapporti di Pino Fontana con i (presunti) apparati deviati dello Stato. È stato questo il tema affrontato nella lunga udienza che si è tenuta ieri, a Palazzo di Giustizia di Napoli, nell’ambito del processo Medea che vede alla sbarra, tra gli altri, l’imprenditore di Casal di Principe e l’ex senatore Tommaso Barbato. Al centro delle contestazioni, un presunto accordo tra clan dei Casalesi e politica per la spartizione dei lavori in somma urgenza per la rete idrica campana. Affidamenti diretti di opere decisi a favore delle ditte di Casapesenna e, in particolare, favori alle aziende di Fontana. Questa la tesi della Dda. 


Nella precedente udienza il costruttore si è difeso, riferendo di essere stato «vittima del racket e non socio di Michele Zagaria e, ieri, collegato ancora una volta in videoconferenza dal carcere di Badu ‘e Carros, dove è detenuto al regime di 41 bis, Fontana è stato interrogato dal sostituto procuratore Dda Maurizio Giordano. Filo conduttore delle domande del pm il rapporto «privilegiato» che Fontana avrebbe intrattenuto con esponenti delle forze dell’ordine. Due di loro, il carabiniere Alessandro Cervizzi e il finanziere Silvano Monaco, sono a loro volta sotto processo. Il pm ha chiesto spiegazioni ai dialoghi intercorsi tra l’imprenditore e Cervizzi. «Perché domandava quali aziende avrebbero ricevuto l’interdittiva antimafia?»: l’attenzione, dunque, su una serie di «relazioni pericolose» che, a più livelli, sono emersi durante l’inchiesta “Medea”. «Io e Cervizzi eravamo amici, questa la natura dei nostri rapporti. Quanto al finanziere Monaco, mi fu presentato dal carabiniere»: è il senso delle spiegazioni di Fontana che è stato intercettato mentre chiedeva al militare delle fiamme gialle notizie in relazione a eventuali indagini su suo fratello, Orlando Fontana, anch’egli alla sbarra e accusato della compravendita della pen drive di Zagaria da un poliziotto che l’avrebbe trafugata dal bunker nel quale il boss fu stanato. 

Successivamente, il sostituto procuratore Giordano si è concentrato su due incontri che Fontana ebbe con l’ex capo della squadra mobile di Napoli, Vittorio Pisani. «Mi contattò per chiedermi se avessi notizie su Michele Zagaria quando era latitante», ha risposto Fontana che, incalzato dal pm sul perché il poliziotto avesse chiesto informazioni proprio a lui, ha chiarito che «mi recai due volte in questura perché all’epoca ero amico di due imprenditori che erano sottoposti a sorveglianza da parte della polizia di Napoli». Subito dopo, l’esame si è spostato sui dialoghi intercorsi tra l’imputato, Peppe Ascierto e Piero Cappello, ex direttore generale ed ex presidente dell’Asi di Caserta. Discorsi nei quali si faceva riferimento a degli appalti banditi a Caserta, dialoghi che avvennero in occasione di una visita di Fulvio Martusciello in casa di Nicola Cosentino. Così come ha detto l’eurodeputato di Forza Italia, che ha testimoniato a luglio scorso, anche Fontana ha riferito che «non ci fu altro che una visita di cortesia che Martusciello volle fare a Cosentino in occasione di un lutto». 


L’udienza si è conclusa ma l’esame dell’imputato non è terminato. Si torna in aula tra due settimane. Il processo, in dibattimento dinanzi al collegio di Napoli Nord presieduto da Domenica Miele, vede impegnati, tra gli altri, gli avvocati Francesco Picca, Vittorio Giaquinto, Giuseppe Stellato, Vincenzo Propenso, Alfredo Sorge, Alfonso Stile e Mariano Omarto.   Leggi l'articolo completo su
Il Mattino