Marcianise: «pizzo» e voti, pena confermata per l'ex presidente della Casertana

Arrestato anche Agostino Capone, fratello del boss Giovanni

È stato arrestato ieri pomeriggio Agostino Capone, fratello del ras Giovanni, ritenuto referente dei Belforte a Caserta, condannato giovedì in via definitiva con la...

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È stato arrestato ieri pomeriggio Agostino Capone, fratello del ras Giovanni, ritenuto referente dei Belforte a Caserta, condannato giovedì in via definitiva con la conferma della pena da parte della corte di Cassazione: dovrà scontare 15 anni di carcere. Le forze dell'ordine hanno eseguito la sentenza che è piovuta anche sulla testa dei protagonisti per eccellenza del processo sulla corruzione elettorale per le elezioni Regionali del 2015. Una storia intrisa di politica, ma anche di strette di mano e patti. I protagonisti, dunque, sono l'ex presidente della squadra di calcio Casertana, Pasquale Corvino, e l'ex sindaco di San Marcellino, Pasquale Carbone. L'inchiesta ruotava attorno al racket dei manifesti a Caserta, in occasione delle Regionali del 2015, gestiti - per la Procura - da esponenti del clan Belforte di Marcianise.

Sia Corvino che Carbone sono stati condannati in via definitiva a quattro anni e 8 mesi di reclusione. Amici di processi e politica, Carbone e Corvino: entrambi furono candidati al consiglio regionale con Ncd-Campania Popolare e non eletti, entrambi sono stati condannati e ora potrebbero rischiare l'arresto. In Cassazione, solo Antonio Zarrillo, fratello della moglie del boss Salvatore Belforte, si è "salvato": i consiglieri della Cassazione hanno rinviato il fascicolo in corte di Appello. Difeso dall'avvocato Romolo Vignola, Zarrillo dovrà affrontare un nuovo processo. Confermate le condanne per la moglie di Agostino Capone, Maria Grazia Semonella (6 anni). Condanna confermata anche per Roberto Novelli (4 anni e 5 mesi), Paolo Cinotti (2 anni) e Silvana D'Addio (10 mesi). Nel collegio difensivo sono stati impegnati anche gli avvocati Francesco Liguori, Giuseppe Stellato, Roberto Garofalo e Vittorio Caterino.

Secondo l'accusa, Giovanni Capone (condannato in primo grado con il rito abbreviato), all'epoca detenuto, utilizzando dei "pizzini" avrebbe dato precise disposizioni al fratello Agostino affinché si occupasse dell'affissione dei manifesti elettorali nella città di Caserta per le regionali del 2015. E così, accadde che, avvalendosi della collaborazione materiale di altri indagati, avrebbe imposto ai candidati di fare riferimento alla società di servizi "Clean Service", intestata a sua moglie Maria Grazia Semonella. Partirono con questo input le intimidazioni, sia attraverso minacce rivolte ai singole persone sorprese ad affiggere i manifesti a tarda notte, sia coprendo i manifesti affissi senza ricorrere alla loro società, facendo poi arrivare il messaggio che l'inconveniente non si sarebbe verificato se si fossero rivolti alla loro ditta.

 

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Il Mattino