CASERTA - «Caserta. Chiamiamoci dentro»: così con una frase concisa su un campo rosso, Mauro Felicori, il direttore della reggia, esprime, con sintesi...
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Una lettura senza attribuzioni di colpe, quella di Felicori. «Io non sono uno che accusa o indica il colpevole, piuttosto credo che ci sia bisogno di fare autocritica: se ognuno crede di essere perfetto e poi siamo ultimi vuol dire che qualcosa non è andato. E, ribadisco, non è una questione di singole capacità: se in una partita ogni calciatore dice di aver fatto bene e poi abbiamo perso, significa che abbiamo giocato male. Dunque, ci vuole consapevolezza. Ad esempio, io so, rispetto alla Reggia, dove siamo riusciti (nel marketing, nella comunicazione, nel rispetto delle regole) e dove abbiamo ancora molto da fare (nella gestione quotidiana, nella manutenzione ordinaria), così dovrebbe fare ciascuno focalizzando i propri limiti». Però anche il direttore ammette che questo è il momento di una discussione severa e seria, che sia condotta «senza fare sconti ma anche senza colpevolizzare nessuno». E soprattutto senza perdere la fiducia. «Io parlo per quel piccolo pezzo di Caserta che vedo dal mio osservatorio parziale, ma già in tempi non sospetti lanciai il segnale di allarme: non accontentiamoci del successo della Reggia, avvertii. Perché lo straordinario monumento vanvitelliano da solo, non può fare tutto».
E, in effetti, di sassi nello stagno, Felicori ne ha lanciati diversi. Dall’idea di cambiare nome alla città («Proposi Caserta-reggia: mi sembrava un modo per accrescere l’appeal della città», spiega) a quella di creare aggregazione di più Comuni («Realtà comunali anche di 70-80 mila abitanti non hanno troppo peso politico e non riescono a garantire una gestione manageriale sempre efficace»), le sue proposte sono state poco considerate. Ma Felicori è il direttore della Reggia e più di tanto non può fare, ricorda. «Non posso e non voglio fare il lavoro degli altri, sono a disposizione di tutti, ma ognuno deve rimanere nel proprio ruolo e fare bene la propria parte. Nel mio caso, io posso mettere in campo strategie per far venire sempre più turisti alla Reggia, ma per farli rimanere c’è bisogno che qualcuno mi aiuti, migliorando i trasporti, implementando i collegamenti ferroviari da e per i grandi centri, Roma e Napoli prima di tutto, migliorando le condizioni ambientali e creando un sistema efficiente intorno alla Reggia». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino