OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
oppure
1€ al mese per 3 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
Uno scambio di pizzini, dichiarazioni discordanti, pentiti inattendibili, poche prove: alla fine, a 12 anni dai fatti, non c'è nessun colpevole per la morte di Salvatore Ricciardi, ucciso e poi dato alle fiamme dalla camorra, ritrovato carbonizzato nelle campagne di Carinaro nel 2010. Salvatore Ricciardi per gli inquirenti era un uomo gravitante nella sfera di potere di Nicola Di Martino che, qualche mese prima dell'omicidio, pare avesse detto: «Devo fare pulizia nel mio schieramento». Ma nonostante i pizzini e i racconti dei collaboratori di giustizia, i giudici non hanno creduto alla ricostruzione che vedeva la vittima come artefice di una richiesta estorsiva per conto suo. E così, due giorni fa c'è stata l'assoluzione bis per gli imputati: Nicola Di Martino e Carmine Lanzetta, accusati dalla Dda di aver portato a termine l'omicidio di Ricciardi.
La quinta sezione della Corte di Assise d'Appello di Napoli ha confermato l'assoluzione già disposta in primo grado dalla corte d'Assise di Santa Maria Capua Vetere nel 2017.
La speranza dei magistrati - che avevano chiesto un nuovo procedimento - era quella di portare nuove prove nel processo bis, ma con sorpresa in Appello sono stati escussi i collaboratori Nicola Schiavone, Francesco Barbato e Mario Iavarazzo che hanno riferito solo de relato dell'omicidio. Sullo sfondo, la morte di Crescenzo Laiso di Trentola Ducenta detto chiccinos, ucciso nello stesso periodo. Di fatto, non hanno trovato riscontro le dichiarazioni del fratello, Salvatore Laiso e Angelo Compagnone. Secondo la Dda, Ricciardi fu ucciso per un'estorsione a Carinaro, comune controllato da Di Martino, alias Nicola 23, elemento del clan di Nicola Schiavone, oggi pentito. Nel collegio difensivo erano impegnati gli avvocati Carlo De Stavola e Elisabetta Carfora e Francesco Marco De Martino. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino