Ricciardi, ucciso dalla camorra: nessun colpevole dopo 12 anni

La speranza dei magistrati - che avevano chiesto un nuovo procedimento - era quella di portare nuove prove nel processo bis

Uno scambio di pizzini, dichiarazioni discordanti, pentiti inattendibili, poche prove: alla fine, a 12 anni dai fatti, non c'è nessun colpevole per la morte di...

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Uno scambio di pizzini, dichiarazioni discordanti, pentiti inattendibili, poche prove: alla fine, a 12 anni dai fatti, non c'è nessun colpevole per la morte di Salvatore Ricciardi, ucciso e poi dato alle fiamme dalla camorra, ritrovato carbonizzato nelle campagne di Carinaro nel 2010. Salvatore Ricciardi per gli inquirenti era un uomo gravitante nella sfera di potere di Nicola Di Martino che, qualche mese prima dell'omicidio, pare avesse detto: «Devo fare pulizia nel mio schieramento». Ma nonostante i pizzini e i racconti dei collaboratori di giustizia, i giudici non hanno creduto alla ricostruzione che vedeva la vittima come artefice di una richiesta estorsiva per conto suo. E così, due giorni fa c'è stata l'assoluzione bis per gli imputati: Nicola Di Martino e Carmine Lanzetta, accusati dalla Dda di aver portato a termine l'omicidio di Ricciardi.


La quinta sezione della Corte di Assise d'Appello di Napoli ha confermato l'assoluzione già disposta in primo grado dalla corte d'Assise di Santa Maria Capua Vetere nel 2017. In secondo grado erano state fondamentali le dichiarazioni di Francesco Barbato, il quale aveva spiegato di avere avuto l'incarico da Nicola Schiavone di indagare su chi avesse messo fine all'esistenza di Ricciardi. Ne scaturì un carteggio con Nicola Di Martino che non avrebbe però svelato la verità. Di certo, poco prima della morte di Salvatore Ricciardi, era successa una cosa strana: Nicola Schiavone, il figlio di Francesco Sandokan di Casal di Principe, avrebbe chiesto di parlare con Nicola Di Martino incaricando Sigismondo di Puorto (un tempo braccio destro di Antonio Iovine o'ninno) di andarlo a prendere. Con una mossa furba, però, Di Martino si sarebbe recato da suo padre in compagnia di Sigismondo di Puorto, prima di recarsi al cospetto di Schiavone. Avrebbe detto al padre: «Se non mi vedi rientrare, sappi che sono andato via con lui e saprai dove cercarmi». In questo modo si salvò la pelle. Ne fece le spese il suo gregario che finì ammazzato e carbonizzato: ora il delitto Ricciardi è un cold case, un delitto irrisolto fra le pieghe di una faida sul confine del territorio dei Di Tella e quello degli Schiavone.


La speranza dei magistrati - che avevano chiesto un nuovo procedimento - era quella di portare nuove prove nel processo bis, ma con sorpresa in Appello sono stati escussi i collaboratori Nicola Schiavone, Francesco Barbato e Mario Iavarazzo che hanno riferito solo de relato dell'omicidio. Sullo sfondo, la morte di Crescenzo Laiso di Trentola Ducenta detto chiccinos, ucciso nello stesso periodo. Di fatto, non hanno trovato riscontro le dichiarazioni del fratello, Salvatore Laiso e Angelo Compagnone. Secondo la Dda, Ricciardi fu ucciso per un'estorsione a Carinaro, comune controllato da Di Martino, alias Nicola 23, elemento del clan di Nicola Schiavone, oggi pentito. Nel collegio difensivo erano impegnati gli avvocati Carlo De Stavola e Elisabetta Carfora e Francesco Marco De Martino. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino