Forse non fu un'azione tesa a riportare l'ordine durante la protesta dei detenuti, ma una spedizione punitiva, seguente i tumulti avvenuti in carcere ai primi di aprile...
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Gli indagati al momento sono quarantaquattro, ma il numero di poliziotti sotto accertamento sarebbe maggiore. Gli agenti della penitenziaria contestano le modalità di notifica e, attraverso il sindacato Sappe, in una nota diramata in mattinata, parla addirittura di "sceneggiata": nel comunicato il segretario generale del sindacato Roberto Santini parla di "azione vergognosa" e di "platealità degna dei peggiori sceneggiatori". Il sindacato contesta il fatto che i carabinieri abbiano eseguito "l’identificazione, tramite l’esibizione di documento di identità, del personale di polizia penitenziaria che faceva accesso in istituto al bock house, senza alcuna garanzia per la privacy: erano presenti anche i familiari dei detenuti da ammettere a colloquio. Lungi dal voler entrare nel merito delle indagini tese certamente all’accertamento della verità, - continua la nota - quello che si contesta con ferma convinzione è la metodologia utilizzata, capace di gettare fango su un intero Corpo di Polizia".
Alcuni agenti della penitenziaria sono saliti su un tetto del carcere di Santa Maria Capua Vetere per protestare contro le modalità adottate dalla polizia giudiziaria e dalla Procura per notificare gli avvisi.
Questa la testimonianza di Daniela Avitabile, moglie di un detenuto, una delle persone che ha denunciato le presunte violenze della Penitenziaria: «Sono arrivata alle 7 e c'erano parecchi carabinieri che fermavano le auto in arrivo al carcere; io sono stata fermata e mi hanno fatto passare, mentre gli agenti li trattenevano per identificarli». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino