Scoperta l'officina dei beni archeologici rubati nell'antica Cales

Cinque colonne giacevano distese sul terreno privato, mentre quattro architravi in pietra bianca erano state adagiate ai piedi di alcuni olivi. Resti del grandioso passato di...

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Cinque colonne giacevano distese sul terreno privato, mentre quattro architravi in pietra bianca erano state adagiate ai piedi di alcuni olivi. Resti del grandioso passato di Cales, sottratti al limitrofo parco archeologico da decenni terra di conquista. È questo lo scenario che i finanzieri della Compagnia di Capua si sono ritrovati davanti agli occhi durante un controllo in un'officina abusiva alle porte dell'area archeologica.



Proprio a due passi dall'anfiteatro ancora interrato, lungo l'antico Cardo Massimo che dalla via Latina conduceva al foro di Cales, le Fiamme Gialle - insieme all'Arpac - hanno scoperto che in una vicina officina di riparazione auto venivano smaltiti rifiuti pericolosi e speciali (batterie e oli esausti, componenti elettriche ed elettroniche, taniche di gasolio, vetture dismesse, ferro ossidato, pneumatici usati) senza autorizzazioni ambientali. Sono stati inoltre individuati due lavoratori in nero, uno dei quali percettore di reddito di cittadinanza.

Gli avvocati del titolare (denunciato a piede libero), i penalisti Giancarlo Fumo e Marco Andrea Zarone, hanno voluto precisare che l'officina «è regolare». «I rifiuti rinvenuti dalla polizia giudiziaria alcuni dei quali in realtà erano pezzi di ricambio in attesa di essere montati - spiegano -, erano stati già divisi per categoria ed erano in attesa di essere smaltiti dalla ditta specializzata. Sono stati poi rinvenuti componenti meccanici sui quali si stava ancora lavorando ed altri componenti, anche di elevato valore storico/collezionistico, temporaneamente alloggiati in appositi scaffali».

Ma ciò che ha destato più stupore è stata la presenza di nove reperti archeologici di epoca romana in alcune zone di pertinenza dell'impresa. Così, mentre le Fiamme Gialle hanno sequestrato il materiale archeologico e l'intera area, a confermare l'origine calena di colonne e architravi è stato il personale della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le provincie di Caserta e Benevento, che ha rilevato che quei resti provenissero da antichi edifici nell'antica Cales. A tal proposito, i difensori del titolare dell'officina dicono: «Si tratta di beni rinvenuti in due aree esterne all'officina, di proprietà di terze persone e di cui il titolare dell'officina aveva solo l'uso. Si tratta sostanzialmente di reperti da sempre presenti in quelle aree e sui quali, almeno negli ultimi decenni, nessuno è mai intervenuto». Ma il ritrovamento rimette sotto i riflettori l'emergenza cronica di un parco archeologico che è vittima di predoni e tombaroli. Con le sue terme e il suo teatro riemersi, con l'anfiteatro ancora sottoterra, con una cattedrale che poggia sulle fondamenta su un antico tempio pagano e con ancora tanto da scavare e scoprire, è un tesoro a cielo aperto troppo a lungo bistrattato.

Lo scorso gennaio un'inchiesta del Mattino scoprì che il mercato illegale di resti archeologici di Cales utilizzava persino la nota piattaforma Ebay, dove alcune monete di Cales erano state messe in vendita. Coniati tra il 268 a.C. e la Seconda guerra punica, i «caleni» in bronzo apparivano diversamente conservati e messi sul mercato da diversi venditori a prezzi differenti - dai 20 euro a qualche centinaio. Una di esse - con «testa di Minerva con elmo corinzio» - era messa in vendita a Foggia, in Puglia. Una seconda («Campania - unità in bronzo Cales, monetazione greca Atena, 268 a.C.») si trovava addirittura a Villejuif, in Francia. 

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Il Mattino