«Se non escono i voti ti leviamo la macchina da sotto»: è una delle minacce agli atti dell’ordinanza di custodia cautelare che questa mattina ha portato a...
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C’è questo e altro nella misura cautelare che vede tra gli altri intercettato Pasquale Corvino che avrebbe chiesto l’appoggio elettorale nel territorio di Caserta, promettendo a Agostino Capone e Vincenzo Rea 3.000 euro ciascuno, ma anche buoni spesa e buoni carburante.
Il candidato Pasquale Carbone, attraverso un intermediario, si è invece rivolto ad Antonio Merola, affiliato al clan Belforte, per ottenere cento voti del clan e, come corrispettivo, avrebbe versato la somma di 7.000 euro. Al termine elezioni, Carbone ebbe a Caserta meno voti di quelli promessi, 87 anziché 100, motivo per il quale chiese la parziale restituzione della somma versata per il procacciamento dei voti.
Nel corso delle indagini è emersa anche la modalità con la quale sarebbe stato controllato il rispetto dei patti, cioè che i voti promessi a Corvino sarebbero effettivamente stati dati dagli elettori che avevano ricevuto i buoi spesa o carburante. Per questo si sarebbe occupato di accompagnare di persona alcune persone anziane al seggio, facendole entrare nella cabina elettorale insieme alla moglie, per controllare se avessero votato “bene”. Lo stesso Capone, in una conversazione ambientale, racconta alla moglie di aver controllato le schede prima di farle imbucare e di aver corretto con la matita il nome del candidato in Corvino, arrivando persino a intimidire il presidente del seggio «non mi ha detto proprio niente perché io lo stavo menando a quello là dentro!». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino