Tam Tam basket, si gioca: «Ma siamo contenti a metà»

Tam Tam basket, si gioca: «Ma siamo contenti a metà»
Tutti felici per la risoluzione del caso Tam Tam, la squadra di pallacanestro formata da figli di stranieri di Castel Volturno che non poteva giocare ai tornei d'eccellenza...

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Tutti felici per la risoluzione del caso Tam Tam, la squadra di pallacanestro formata da figli di stranieri di Castel Volturno che non poteva giocare ai tornei d'eccellenza per la mancanza di cittadinanza, tranne la stessa Tam Tam. Almeno, contenti a metà. «Perché nessuno di noi deve restare indietro. Si vince tutti insieme, o si perde», dicono in coro sul van della società sportiva che li ha recuperati sulla via Domiziana per accompagnarli agli allenamenti i giovani atleti di Massimo Antonelli.



Il coach ha appena dato loro la buona notizia, che la federazione nazionale pallacanestro e il Coni hanno concesso la deroga per giocare contro i coetanei dei tornei più competitivi, dopo aver vinto il campionato regionale sudando sul campo. Ma sarà possibile solo agli atleti i cui genitori sono regolari sul suolo italiano. Si tratta della grande maggioranza dei giocatori della Tam Tam. Per cinque di loro che hanno genitori irregolari, che dal loro arrivo in Italia, oltre vent'anni fa, si barcamenano sulla Domiziana fra lavori a nero, precarietà e disperazione, senza mai riuscire a ottenere il permesso di soggiorno, invece, non solo non c'è il torneo d'eccellenza, ma non potranno iscriversi ad alcun campionato. La legge italiana non lo consente. Quattro anni fa, quando ci fu la prima battaglia politica per consentire di farli giocare tutti insieme, i dirigenti della Tam Tam decisero di non coinvolgere i piccoli atleti, per non turbarli. In quest'occasione, invece, i giocatori del direttore tecnico Antonelli sono stati testimonial dell'escalation che con la sentenza negativa del Tar della scorsa settimana sembrava condannarli all'oblio sportivo.

D'altronde, adesso hanno diciassette anni, qualcuno diciotto, sarebbe stato complicato, oltre che non giusto, tenerli all'oscuro. Per lo stesso motivo Max Antonelli dà ai suoi atleti anche la parte meno edificante della notizia arrivata dal Coni. «Purtroppo, sono già scesi a quattro i ragazzi con genitori senza permesso di soggiorno specifica l'allenatore perché uno del gruppo già non viene più ad allenarsi da qualche settimana. Fino al mese scorso era uno dei ragazzi più motivati, con un gran desiderio di fare sport e migliorarsi. Purtroppo, senza l'agonismo della partita, senza la sfida sul campo, molti atleti non reggono. Sto provando di continuo a contattarlo per farlo tornare, ma non so cosa dirgli. Non so quando potrò finalmente comunicargli che anche lui potrà indossare il completino e scendere in campo in una gara ufficiale».



Eppure, lo strumento legislativo affinché sia eliminata tale anomalia ci sarebbe. «La riforma Spatafora dell'ex ministro allo sport dice il fondatore della Tam Tam prevede che qualsiasi ragazzo possa iscriversi ai tornei, a prescindere dallo status giuridico, affinché le cosiddette colpe dei genitori non ricadano sui figli». Perché lo sport serve per migliorare le prestazioni fisiche, ma anche, e forse soprattutto, per consentire socializzazione e inclusione. E chi più di ragazzi che hanno genitori in condizioni sociali complicate ne ha bisogno? La Domiziana, con la sua eterogenia sociale esprime sempre più spesso condizioni limite ed è capace di mostrare in anticipo quel che nel giro di qualche anno coinvolgerà anche il resto della nazione. Con la norma salva Tam Tam del 2017 del governo Gentiloni non solo gli atleti di Antonelli hanno potuto fare basket, ma ha consentito a tutti gli altri figli di stranieri d'Italia di fare sport a livello agonistico senza limitazioni, una platea di 800mila ragazzi e ragazze. Con la deroga del Coni dell'atro giorno si è rafforzato tale concetto.
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Il Mattino