Beni mobili e immobili e numerosi rapporti finanziari per un valore complessivo di quattro milioni di euro, tra cui un conto corrente cifrato aperto presso una banca del...
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Legami risalenti nel tempo, di cui hanno parlato diversi collaboratori di giustizia del clan, ed emersi in alcune importanti indagini in cui Grassia è rimasto coinvolto, come quelle relative all'importazione di armi dalla ex Jugoslavia (tra cui fucili a pompa, bombe a mano e mitragliatori silenziati), un business che ha visto i Casalesi in prima fila dalla metà degli anni Novanta; sempre nella stessa decade, Grassia incappò in un'altra indagine da cui era emerso l'acquisto, da parte di una società facente capo al costruttore e ad altri soggetti, di un complesso immobiliare sito ad Aversa, l'ex «fabbrica Della Volpe», ad un prezzo nettamente inferiore rispetto al valore di mercato, a testimonianza - ritengono gli inquirenti - della capacità di intimidazione derivante dall'appartenenza al clan dei casalesi.
Nel giugno del 2000, Grassia fu inoltre arrestato con l'accusa di aver fornito appoggio logistico agli affiliati, nascosto armi, riscosso proventi di estorsioni e reinvestito illeciti profitti delle attività del clan. Infine nel 2018, l'imprenditore fu fermato all'isola de La Maddalena in esecuzione di un provvedimento di cattura internazionale emesso dall'Autorità giudiziaria del Principato di Monaco, perché ritenuto responsabile di riciclaggio di denaro. Qui, in una banca, aveva aperto un conto cifrato sul quale avrebbe riciclato i soldi del clan. Un colletto bianco che per la sezione misure di prevenzione del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, che ha emesso il decreto di confisca definitiva, sarebbe persona dalla «pericolosità qualificata», in quanto da sempre al servizio dell'organizzazione camorristica. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino