Ucciso e bruciato dal clan, appello in ritardo: 2 assolti

Ucciso e bruciato, ricorso in Appello in ritardo: 2 assolti
Per un giorno di ritardo, i giudici della corte di Appello, quinta sezione, hanno dichiarato inammissibile l’appello del procuratore generale. E così, non...

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Per un giorno di ritardo, i giudici della corte di Appello, quinta sezione, hanno dichiarato inammissibile l’appello del procuratore generale. E così, non c’è nessun responsabile per il martirio subito da Salvatore Ricciardi, ucciso dalla camorra - stando alle indagini - e trovato semicarbonizzato nelle campagne di Carinaro, il 18 marzo del 2010. Assolti in maniera definitiva gli unici due imputati accusati di omicidio: Nicola Di Martino e Carmine Lanzetta, entrambi di Teverola, difesi dagli avvocati Carlo De Stavola e Francesco Marco De Martino. Due giorni fa, la decisione della corte di Appello di Napoli. I magistrati della quinta sezione hanno aderito alle istanze della difesa che calcolava il 17 luglio del 2017 come giorno fuori termine per presentare appello.

Si tratta di un ricorso che la Direzione distrettuale Antimafia - che incriminò Lanzetta e Di Martino - non fece, per poi inviare gli atti al pg di Appello, Giovanni Cilenti, in prossimità della scadenza. Una corsa contro il tempo che non è bastata. Niente da fare. Per l’ omicidio di Ricciardi non ci sarà nessun colpevole e l’assassinio è destinato a restare un «cold case» senza soluzione, a 11 anni da fatti. I due imputati erano infatti già stati assolti dalla corte di Assise del tribunale di Santa Maria Capua Vetere, presieduta da Giovanna Napoletano «per non aver commesso il fatto».

La sentenza di primo grado è passata in giudicato. Nicola Di Martino e Carmine Lanzetta sono innocenti. Diverso il punto di vista della Procura: secondo la Dda, Ricciardi fu ucciso per un’estorsione a Carinaro, comune controllato da Di Martino, alias «Nicola 23», ritenuto elemento del clan guidato da Nicola Schiavone, figlio primogenito del capoclan Francesco «Sandokan».

Ricciardi sarebbe stato ucciso tra le 20.30 e le 21.30 del 18 marzo, orario in cui il segnale del cellulare di Lanzetta sarebbe stato captato proprio nei pressi del luogo dell’ omicidio. Circostanza poi smentita dai legali.


La corte di Assise di Santa Maria non aveva giudicato attendibili le dichiarazioni di pentiti del clan dei Casalesi, tra cui Salvatore Laiso di Trentola Ducenta, Roberto Vargas e Antonio Iovine, ex boss di San Cipriano d'Aversa, che avevano indicato in Lanzetta e Di Martino i responsabili del delitto. Niente da fare nemmeno per i verbali di Nicola Schiavone. Da oggi, può dirsi chiuso il processo a carico dei due unici sospettati del delitto. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino