«Una, nessuna, centomila» donne contro la violenza

Le promotrici sono Mannoia, Minoli, Costantino e Palladino

Fiorella Mannoia
Ha la sua matrice e la sua patria a Caserta e nella sua provincia dove si svolge la maggior parte della sua attività: la sede della cooperativa sociale Eva è a Santa...

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Ha la sua matrice e la sua patria a Caserta e nella sua provincia dove si svolge la maggior parte della sua attività: la sede della cooperativa sociale Eva è a Santa Maria Capua Vetere, "Le ghiottonerie di Casa Lorena", che si realizzano in un bene confiscato alla camorra a Casal di Principe, sono proposte anche nella buvette del teatro Mercadante di Napoli, un altro loro prodotto sono le "Marmellate delle regine", realizzate con le arance raccolte nella Reggia di Caserta.

E ora, grazie alla passione, alla determinazione delle sue fondatrici e operatrici e alla bontà delle sue iniziative, il campo d'azione della cooperativa Eva ha valicato abbondantemente i confini regionali e, in continuità con quella che è la sua ragion d'essere, da essa è germogliata una fondazione. Si chiamerà "Una, nessuna e centomila" e verrà presentata domani alle 11, alla Casa internazionale delle donne di Roma, nel corso di una conferenza stampa alla quale parteciperanno le fondatrici Fiorella Mannoia, Giulia Minoli, Celeste Costantino, e Lella Palladino.

«La Fondazione "Una, nessuna, centomila" nasce a seguito del concerto che Fiorella Mannoia e altre cantanti hanno tenuto al Campovolo di Reggio Emilia un anno fa per raccogliere fondi e finanziare i centri antiviolenza. Questa è l'unica fondazione italiana dedicata esclusivamente alla prevenzione e al contrasto della violenza contro le donne», spiega Lella Palladino, fondatrice e vice presidente della fondazione. E aggiunge: «Detto così sembra poca roba, ma in realtà stiamo parlando, da un lato, di promuovere una rivoluzione, se si pensa che la violenza maschile contro le donne affonda le sue radici nella cultura patriarcale ancora prevalente, dall'altro, di sostenere i centri antiviolenza e le case rifugio e tutte quelle iniziative (dall'educazione all'affettività nelle scuole ai percorsi di autonomia per donne in uscita dalla violenza) imprescindibili per affrontare un fenomeno sistemico come questo. I fondi che erogheremo saranno raccolti coinvolgendo partner diversi e organizzando eventi culturali, concerti, teatro, cinema, mostre, con l'obiettivo di raggiungere un pubblico ampio e diversificato».

Iniziative utili per raccogliere fondi certo. Ma non solo. «Questo aiuterà racconta, infatti, Palladino anche a dare ai centri antiviolenza la giusta visibilità e a riconoscere lo straordinario lavoro, iperspecializzato, che migliaia di operatrici svolgono ogni giorno ma che le istituzioni continuano a sottovalutare. Sono stati, infatti, stanziati dallo Stato appena 40 milioni annui, che in media significa 40mila per ogni centro antiviolenza. Finanziamenti insufficienti, e per giunta legati a meccanismi di erogazione regionali. In Campania in particolare i ritardi sono spaventosi, perché la Regione eroga le risorse non direttamente ai centri antiviolenza, ma agli Ambiti socio-sanitari, che poi devono erogarli ai centri, accumulando ritardi su ritardi. Una situazione che rende difficilissimo programmare le attività e stabilizzare le operatrici. Nel Meridione poi lavora solo 1 donna su 3, non si arriva nemmeno a quel 50 per cento di donne occupate che costituisce la media nazionale».

«Una situazione sottolinea Palladino che spinge le donne in relazioni caratterizzate dalla dipendenza economica, un meccanismo di controllo che apre le porte ad altre forme di violenza, psicologica, fisica. Perciò la fondazione sosterrà anche programmi di inserimento lavorativo di donne in uscita dalla violenza». Peraltro, la fondazione nasce con una particolare attenzione al Sud e alle periferie. «Non si tratta solo del Meridione d'Italia, ma in generale dice ancora Palladino di tutte quelle aree dove più spesso alla discriminazione di genere si accompagnano altre forme di discriminazione legate alla classe, al paese d'origine, alla lingua».
 

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Il Mattino