Napoli è una città che dev'essere raccontata di continuo per essere capita. E la forma narrativa del racconto - specie se riguarda la memoria, personale e...
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Lo sa bene Antonio Scoppettuolo, giornalista Rai e autore de "Specchio napoletano. Storie di amore e addii" (Edizioni Lastaria, Roma, pp. 118, euro 13.90), un viaggio nel volto più intimo di Napoli. Un ritratto della città che passa attraverso le storie dei suoi personaggi-abitanti; il giovane Amedeo, Giovanella della Sanità, il professor Plladino, ma anche per una storia d'amore al Pendino, per la cura d'Onofrio, per i ricordi del Natale o per una pasqua di qualche anno fa.
Ne scaturisce una narrazione vivida ma allo stesso tempo dolente, fuori dalla retorica e dai luoghi comuni. Sono le voci dei napoletani, i loro drammi quotidiani, le loro esistenze vulcaniche, i loro sorrisi o i loro pianti, più dei vicoli, a tracciare l'idea della città. Tra i racconti di Scoppettuolo sembra quasi di cammionare in un presepe vario, misto di nostalgia per i tempi andati, di ansia per il presente e il futuro. Un presepe ricavato nel friabile tufo, vera e propria "spugna" di una città porosa che mescola luci e ombre, vivi e morti, preghiere e bestemmie, nobili e plebei, colti e sprovveduti.
Impreziosito dalla prefazione di Franco di Mare, il libro si avvale delle riflessioni del professor Fulvio Tessitore e del compianto Luca De Filippo, vere e proprie "chicche" giornalistiche conclusive. E sono solo l'ultimo risvolto di un luogo che è eredità di Grecia, Roma, Francia, Spagna, ma soprattutto di quella sirena che, specie attraverso la letteratura, non finirà di far sentire il suo cantom, dissonante ma magnetico come i racconti dell'autore.
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Il Mattino