Ercole schiavo d'amore della mitica regina Onfale sul sarcofago del II secolo d.C. e la Battaglia delle Amazzoni, così viva sul marmo che pare di toccare i muscoli...
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«Una mostra quasi antologica», raccontano i curatori Daniela Porro, direttore del Museo Nazionale Romano, e l'archeologo Alessandro Mandolesi, frutto della collaborazione tra il Nucleo Tpc e il Centro Europeo per il Turismo e la Cultura. In tutto, 30 opere, dall'VIII secolo a.C. al Barocco, che raccontano, dice la Porro, «una lunga stagione di saccheggi, furti, esportazioni illecite e falsi immessi sul mercato». Ma «accanto alle storie investigative», aggiunge il colonello Alberto Deregibus, vicecomandante dei Carabinieri Tpc, «è anche un esempio, soprattutto per i giovani, di cultura della legalità. E dimostra quanto sia importante la restituzione delle opere al contesto da cui sono state asportate». Come la fiera Tyche, la Dea Fortuna rientrata in Italia nel 2007 dagli Usa. O i tre olii con scene sacre di Garofalo, Carracci e Guercino, rubati proprio durante i riallestimenti dei Musei Capitolini nel 1999 e rivenuti poco dopo a Latina. Tutti destinati a soddisfare le brame di venditori e collezionisti privati, come testimoniano le immagini di grandi sequestri, ma che oggi tornano patrimonio di ogni cittadini.
«In alcuni casi, come per Medici e Becchina - racconta Mandolesi - i trafficanti erano così metodici da conservare dettagliatissimi archivi fotografici di ciò che aveva trafugato, aiutandoci a capire la provenienza o la destinazione dei reperti». «A 50 anni - prosegue il colonnello Deregibus - si stila anche un bilancio. Abbiamo recuperato quasi due milioni di opere. E dobbiamo fare ancora tanto. Nel frattempo però il mondo è cambiato. C'è più sensibilità, sono nati reparti speciali di polizia con cui si può dialogare. Ma devono essere coinvolti, tutti, anche i cittadini, ad esempio con la nostra app con cui verificare dal cellulare se un oggetto d'arte è rubato».
L'opera che ancora si cerca disperatamente? Non ha dubbi il colonnello: «La Natività di Caravaggio rubata a Palermo nel 1969». C'è speranza, invece, per il «mosaico con testa simile a Medusa», cui pensa il direttore Porro. «Scoperto nel 1911 in via Emanuele Filiberto a Roma - dice - faceva parte di una serie di tre di una domus romana, affidata al Museo nazionale romano. Negli anni '50 il pezzo sparì, ricomparendo poi al Getty. Ma è già avviata una rogatoria internazionale». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino