«Ridare una nuova luce ad una professione che si sta sempre più meccanizzando e che sta perdendo un ruolo fondamentale: il racconto di storie». Così...
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«Il brand journalism, in questo senso - continua il professor Zarriello - nel panorama giornalistico si rivela come un toccasana per i tanti giornalisti in circolazione ed il motivo è semplice: l’editore coincide spesso con l’azienda e un’azienda non ha l’obiettivo di ricavare profitto dall’attività giornalistica in sé ma dagli effetti che questa può generare nel proprio mercato di riferimento. Di conseguenza, l’azienda ha bisogno di giornalisti capaci di costruire storie e abili nell’uso degli strumenti del web per incrementare la notorietà del brand magazine, inquadrandoli contrattualmente come si deve».
Roberto Zarriello, malgrado la giovane età, ha una carriera di tutto rispetto: tra le altre cose scrive di comunicazione, web e nuove tecnologie su HuffingtonPost.it e coordina il social media team di Tiscali.it come consulente. Oltre a questo, dal 2003 collabora con il gruppo Espresso, con cui ha creato il progetto “Città 2.0” su Repubblica, ed è stato formatore per la Corte Costituzionale, oltre ad aver fondato importanti startup come InstaGo e Digital Media.
Dopo "Penne Digitali 2.0" e "Social Media Marketing" (edito da Franco Angeli), arriva la seconda edizione di "Brand Journalism", tra l'altro ben arricchita di nuovi spunti e materiali...
«La prima edizione, che pure ha avuto un eccellente successo - risponde Zarriello - è uscita in un momento in cui c'era poca letteratura. Ho sentito la necessità di poter mettere a disposizione di tutti il lavoro e l'esperienza accumulata nel frattempo. I giornali, soprattutto in Italia, hanno cavalcato l’onda della cronaca nera, delle bad news, delle breaking news, troppo comode ma assai logoranti per il rapporto giornali – lettore. Riallacciare il rapporto con il lettore risulta importante e il racconto di storie è la via giusta da cui ripartire nel giornalismo tradizionale e in tutte le sue aree più specifiche, tra cui, ovviamente, il brand journalism». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino