Futurismo la pittura è dinamica nella cappella Palatina al Maschio Angioino

Futurismo la pittura è dinamica nella cappella Palatina al Maschio Angioino
«Abbiate fiducia nel progresso, che ha sempre ragione, anche quando ha torto, perché è il movimento, la vita, la lotta, la speranza». È solo...

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«Abbiate fiducia nel progresso, che ha sempre ragione, anche quando ha torto, perché è il movimento, la vita, la lotta, la speranza». È solo una delle numerose frasi con le quali il teorico del Futurismo Filippo Tommaso Marinetti sollecita la società ad intraprendere l'efficiente e veloce via della modernità liberandosi del passato; e, tra le tante, è proprio quella scelta dai curatori per accompagnare la mostra «Il Futurismo. Anni '10-anni '20»: un intenso e prezioso percorso tra le migliori espressioni artistiche della prima e più importante delle avanguardie europee che prese le mosse in Italia, si sviluppò rapidamente, abbracciando i più vari segmenti della cultura, in Francia, in Russia arrivando sino in Asia e negli Stati Uniti, facendo leva sul culto della tecnica e della meccanica. In una parola del dinamismo.


In esposizione da oggi al Maschio Angioino, nella cappella Palatina, la rassegna riunisce un corpus di 64 lavori, tra opere pittoriche e costruzioni in legno, per una ricognizione dei migliori autori del tempo: dai più conosciuti Boccioni, Balla e Carrà, Depero, Sant'Elia e Severini, Sironi e Prampolini, ai forse meno noti ma altrettanto incisivi Gerardo Dottori, Julis Evola, Fillia, Benedetta, Roberto Marcello Baldessari, Virgilio Marchi, Romolo Romani e Arnaldo Ginna, lo svizzero De Pistoris (Federico Pfister) e il napoletano Francesco Cangiullo. A cura di Giancarlo Carpi con Francesca Vilanti , un'iniziativa promossa dall'assessorato alla Cultura del comune che apre la nuova stagione espositiva delle mostre in città.
 
Filo conduttore la velocità e il suo mito che, grande tema del movimento d'avanguardia, estende il concetto di espressione artistica all'oggetto reale, superando il concetto del quadro e gettando anche i semi della Pop Art americana uno su tutti l'esempio di Fortunato Depero cui si devono, tra le altre, opere come la tarsia di panni colorati «Quattro serpenti», esempio di moltiplicazione dell'immagine, e il legno dipinto a tempera «Pupazzo Campari», che ibrida pittura e scultura il percorso espositivo ricostruisce i mutamenti che il ventennio del futurismo imprime alla vita e alla società del tempo, alla percezione del rapporto tra l'uomo e le tecnologia, l'interazione con la macchina cui l'uomo arriva.

Dalle origini, con il Boccioni ancora figurativo del «Ritratto di Augusta Popoff» del 1906 ai primi apporti divisionisti di Balla e Severini, seguiti dalla rilettura del cubismo in chiave dinamica condotta da Carrà con gli stessi Boccioni e Severini, mentre Balla e Russolo già si orientano vero schemi astratti. E poi il recupero della natura nell'interrelazione con l'individuo e la revisione del simbolismo, il tutto nel segno del dinamismo tra corpi e oggetti, macchine e ambienti in continua osmosi, sino all'antropomorfizzazione e alla rappresentazione sequenziale delle immagini, al superamento del confine tra finzione e realtà espresso anche dalle scelte polimateriche introdotte nella realizzazione delle opere.


Tra le curiosità in mostra, la tempera su carta intelata «Architettura nello spazio» di Enrico Prampolini, composizione astratta dalle cromie piatte e una preponderanza di rosso, parte di un più ampio ciclo ispirato al paesaggio di Capri. A completamento della rassegna, un elegante catalogo Skira. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino