La guerra in costiera amalfitana nel libro di Lamberti

L'inattesa resistenza dei tedeschi dopo la sbarco degli angloamericani

Lo sbarco a Salerno
Gli Alleati erano convinti di arrivare a Napoli entro due, al massimo cinque giorni. E invece, in quel settembre di 80 anni fa, dopo lo sbarco contemporaneo nel Cilento e a...

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Gli Alleati erano convinti di arrivare a Napoli entro due, al massimo cinque giorni. E invece, in quel settembre di 80 anni fa, dopo lo sbarco contemporaneo nel Cilento e a Vietri, gli angloamericani trovarono un'inaspettata resistenza delle truppe tedesche, che durò 21 giorni. Fu una vera e propria battaglia, non a tutti nota, che segnò la memoria e i ricordi degli abitanti tra Vietri, Cava, la Costiera amalfitana. Allo sbarco, denominato dagli americani «operazione Avalanche», che sta per valanga, seguirono combattimenti su 4 chilometri di territorio, assai violenti soprattutto sulla collina di Dragonea e nel caposaldo di San Liberatore.



In questo ottantesimo anniversario, per il quale sicuramente nei prossimi mesi ci saranno manifestazioni di ricordo, il tenente colonnello della guardia di finanza Francesco Lamberti, ricercatore di storia militare e già responsabile dell'Ufficio storico della guardia di finanza, ha pubblicato per l'editore Jovene un corposo libro, ricco di documenti e foto in bianco e nero: Salerno, settembre 1943 - I combattimenti al caposaldo San Liberatore (pagine 659, euro 80). Nella ricostruzione di quanto accadde in quell'area dal 9 settembre alla fine del mese, hanno affiancato l'autore lo storico tedesco Lutz Klinkhammer e gli storici locali Aniello Tesauro, Giuseppe Fienga, Giampiero Della Monica, Antonio Cantoro. Non solo ricostruzioni giorno per giorno degli scontri, tra cui molti all'arma bianca, ma anche racconti dimostrativi di quanto quello sbarco sia rimasto impresso nella memoria di chi ne fu testimone. Tra le fonti del libro, i lavori di otto storici sull'operazione Avalanche, dodici testimonianze di civili, le ricognizioni sui luoghi dei combattimenti, ma soprattutto i diari di ufficiali tedeschi. Un capovolgimento di prospettiva, in un libro che dà molto spazio alle fonti di parte tedesca poco conosciute e a volte inedite, come il diario del sottotenente Klaus Arnheiter.

Un taglio che riprende quanto fece Lucia Avallone, la famosa «mamma Lucia», la donna di Cava de' Tirreni morta nel 1982 a 95 anni che, animata da spirito cristiano, si mise a cercare i corpi abbandonati dei soldati tedeschi morti, per dare loro una sepoltura. Un impegno, iniziato nel 1946, riconosciuto da una onorificenza del presidente federale tedesco Theodor Heuss e dalla commenda al merito del presidente Gronchi. Aiutata a fasi alterne da una cugina, alcuni becchini, più volontari, mamma Lucia recuperò nel territorio salernitano degli scontri circa 798 corpi, ma anche oggetti appartenuti ai soldati morti. Fu autorizzata dal comune di Cava e, negli anni, i resti furono poi sepolti nei cimiteri di Cassino e Pomezia. Entrò in contatto con i genitori in Germania di alcuni di quei soldati morti. Quando ritirò il riconoscimento dal presidente tedesco, fu accolta da celebrazioni ovunque, soprattutto in Baviera regione d'origine di numerosi di quei militari tedeschi. Trovò pochi resti di inglesi e americani, che avevano avuto tutto il tempo di individuare e seppellire i loro morti, mentre in quel settembre del 1943 non era stato così per i tedeschi in ritirata.



Secondo le stime del generale americano Mark Clark, in quei 21 giorni morirono 225 soldati americani, 725 inglesi e 840 tedeschi. Non tutti i corpi sono stati ritrovati, tra i tedeschi risultano ancora 123 dispersi. Fu anche l'ultimo combattimento di militari regolari del Regno d'Italia contro gli angloamericani: erano i paracadutisti della divisione Nembo schierati accanto ai tedeschi. Ma ci fu anche chi, dopo l'8 settembre, in quella zona si ribellò alla consegna delle armi come il generale Ferrante Gonzaga, ucciso dai tedeschi. Mosso da pietas nel riconoscere il valore dei giovanissimi soldati tedeschi, il colonnello Francesco Lamberti in appendice ricostruisce, in alcuni casi con immagini, le identità di oltre quattrocento di quei militari morti tra il caposaldo San Liberatore e l'agro Nocerino-sarnese, ora sepolti a Cassino e Pomezia. Il libro, con prefazione del generale Fabio Mini, è un documento sui vinti di quei combattimenti e di quella guerra. Giovani tedeschi annientati anche da micidiali bombe al fosforo, lanciate dalle navi americane nel golfo di Salerno.
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Il Mattino