Ai tempi del 4.0 digitalizzazione è sistematicamente sinonimo di successo. Per sfatare questo mito un gruppo di ricercatori di media e comunicazione che operano in tutta...
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Una visione controcorrente quella del gruppo di ricercatori che riportando esempi dal passato danno l'imput a ragionare sugli errori e su come fare sempre meglio. Il libro parte da un assunto molto semplice: anche le tecnologie digitali a volte non funzionano o vengono abbandonate dagli utenti, i processi d’innovazione che sembrano inevitabili s’interrompono, alcuni mezzi che saranno nelle case di tutti domani diventano presto obsoleti. In poche parole i media digitali possono fallire. Proprio come è successo a colossi come Polaroid e Kodak con il fallimento della visione ibrida della fotografia digitale, a «The Daily», all'insuccesso della digitalizzazione della radio, della televisione in HD, del «peer to peer», dei social media, dell'intelligenza artificiale fino ai videogames.
«Il libro nasce da due motivazioni principali - ha detto Gabriele Balbi - la prima è quella di vedere il digitale non solo come un successo, così come si tende a pensare, ma anche come a un qualcosa che può fallire, la digitalizzazione come un processo che può non andare a buon fine. La seconda ragione è quella di tentare di vedere successi e fallimenti sullo stesso piano e cercare di capire simmetricamente cosa è andato storto e cosa bene per capire non solo il passato ma anche il futuro».
Emblematica è la storia di Socrate, la vicenda dimenticata della rete a banda larga di Telecom Italia. «Socrate è stata un'infrastruttura di rete degli anni '90 - speiga Paolo Bory, assistente dottorando dell'Università della Svizzera italiana di Lugano - Un tentativo per cablare l'Italia intera con la fibra ottica unita al cavo coassiale. Questa storia è molto importante perchè ci rivela perchè l'Italia sia rimasta indietro nella storia delle infrastrutture rispetto al resto dell'Europa. È un progetto che aveva delle grandissime ambizioni, quella di creare un'infrastruttura all'avanguardia, ma che non aveva in mente la stessa idea di rete che poi si sarebbe sviluppata negli anni successivi. Era un'infrastruttura basata sulla ricezione dei dati attraverso cui la Telecom sostanzialmente voleva distribuire video on demand. Nello stesso tempo l'ADSL si sarebbe dimostrato più efficiente e internet sarebbe esploso nel 2000. Quell'infrastruttura poi è stata abbandonata, un investimento di cinquemila miliardi di lire perduto. Poi la Telecom ha subito un processo di privatizzazione riconosciuto da tutti come drammatico e questo ha rallentato il passo dell'azienda rispetto a quelle europee e americane che poi hanno conquistato il mercato».
Del libro si parlerà anche giovedì 15 febbraio dalle 16 all'Università Suor Orsola Benincasa, aula Shulte. Il seminario sarà introdotto dal Rettore Lucio D'Alessandro e da Eugenio Capozzi, docente di Storia al Suor Orsola Benincasa.
Interverranno alcuni degli autori tra cui Gabriele Balbi, Paolo Bory ed Elena Valentini dell' Università La Sapienza di Roma. Alla discussione parteciperanno Davide Borrelli, Università degli Studi Suor Orsola Benincasa e Mario Tirino dell' Università degli Studi di Salerno. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino