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Il cinefilo Ignazio Senatore si è cimentato in una nuova biografia d'autore, raccontando la vita, sia lavorativa che privata, di Ugo Tognazzi. Il volume, edito da Gremese Editore, è corredato dalla prefazione di Pupi Avati e da più di 500 foto dell'artista: in bianco e nero, a colori, sui set, autografate, per raccontare Tognazzi a tutto tondo, con la curiosità di cui è capace soltanto un appassionato.
Come nasce il libro?
«Quando Gremese mi ha chiesto di fare libro che parlasse o di Gassman o di Tognazzi non ho avuto alcun dubbio: Tognazzi è eclettico e non si è adeguato al cliché di un unico personaggio come Gassman, che, invece, è rimasto impostato e fedele al suo ruolo più conosciuto, troneggiate, invadente e imponente. Ogni film di Tognazzi racconta uno spaccato di vita italiana, non è mai banale. Tognazzi, poi, ha girato coi più grandi registi italiani ed era famosissimo all'estero, soprattutto in Francia, e non soltanto per "Il vizietto"».
Com’era, quindi, Tognazzi?
«I film di Tognazzi sono eccezionali e non mi riferisco soltanto ai più famosi, come “La grande abbuffata”, ma anche a quei film meno conosciuti ma forse addirittura più belli, come “Romanzo popolare”, oppure “La mazurka del barone, della santa e del fico fiorone”, una poesia incredibile dall'ambientazione surreale, in cui questo signore rimane zoppo dopo essere caduto dall’albero di fico considerato santo per il suo villaggio.
Ha raccolto anche qualche aneddoto sulla sua carriera?
«Tantissimi, uno mi fa sorridere particolarmente. Pupi Avati aveva fatto un paio di film che non erano andati benissimo al botteghino e voleva assolutamente Paolo Villaggio per il suo prossimo film. La madre scopre che Villaggio andava ai tornei di tennis organizzati da Tognazzi, Pupi Avati va, lascia il copione e se ne va. Tognazzi scambia per suo il copione destinato a Villaggio e alla fine fa il film al suo posto».
Quanto lavoro c’è alle spalle di un libro del genere?
«Ho dovuto visionare 149 film, tutti quelli di Tognazzi, che soltanto negli anni a cavallo tra il ‘59 e il ‘60 ha fatto 30 film. Ho dovuto documentarmi leggendo biografie su biografie su di lui, ma anche sugli attori che hanno lavorato con lui, commenti dei registi su di lui, insomma, un lavoro enorme e poi c'è il tocco di Gremese con 800 foto, ogni film di cui parlo è accompagnato da una foto e c'è la parte centrale con un inserto a colori con delle foto bellissime e le schede dei film, che ho scritto in maniera semplice, per un libro da sfogliare ogni tanto per riscorpire i film di Tognazzi. Un libro, forse, che appartiene di più per la mia generazione». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino