Le donne nei manicomi ai tempi del Fascismo: le sofferenze in una mostra

Un'immagine della mostra I fiori del male. Donne in manicomio nel regime fascista.
Il Ventennio fascista ha lasciato un segno nella memoria di tutti: dopo la dittatura e la guerra si è finalmente ricominciato a ricostruire, a mettere insieme dei tasselli...

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Il Ventennio fascista ha lasciato un segno nella memoria di tutti: dopo la dittatura e la guerra si è finalmente ricominciato a ricostruire, a mettere insieme dei tasselli con la speranza di un futuro migliore. Ma questa speranza non è stata godibile allo stesso modo da tutti. I danni inflitti dai manicomi sono stati spesso irreparabili. In quegli anni di dittatura e di apparenti manie di grandezza tante donne, madri, figlie, mogli, amanti, furono marginalizzate ed estromesse dalla società, rinchiuse nei manicomi per devianze difficili da controllare. La Casa della Memoria e della Storia di Roma vuole adesso render loro omaggio con una toccante mostra, aperta fino al 18 novembre 2016 ed intitolata I fiori del male. Donne in manicomio nel regime fascista. 


I curatori della mostra, Annacarla Valeriano e Costantino Di Sante, hanno affermato quanto sia «importante raccontare le storie di queste donne a partire dai loro volti, dalle loro espressioni, dai loro sguardi in cui sembrano quasi annullarsi le smemoratezze e le rimozioni che le hanno relegate in una dimensione di silenzio e oblio. Alle immagini sono state affiancate le parole: quelle dei medici, che ne rappresentarono anomalie ed esuberanze, ma anche le parole lasciate dalle stesse protagoniste dell’esperienza di internamento nelle lettere che scrissero a casa e che, censurate, sono rimaste nelle cartelle cliniche». La mostra ha l’intenzione di restituire, attraverso una serie di immagini e testimonianze, l’umanità negata a queste donne colpevoli, spesso e volentieri, soltanto di non essere state capaci di adeguarsi agli stereotipi culturali del regime e di non aver rispettato completamente i doveri della “Rivoluzione Fascista”.  Leggi l'articolo completo su
Il Mattino