La Roma-teatro di Desario tra protagonisti e comparse

La Roma-teatro di Desario tra protagonisti e comparse
Ogni settimana Davide Desario ha un appuntamento con Roma. Distilla un episodio, un ragionamento e ne fa un racconto più che un articolo. Accende un riflettore su un angolo...

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Ogni settimana Davide Desario ha un appuntamento con Roma. Distilla un episodio, un ragionamento e ne fa un racconto più che un articolo. Accende un riflettore su un angolo della sua città (una strada, un bar, un passante, una voce intercettata, una mail) e ne ricava un apologo acutamente leggero su come la Capitale d'Italia continui a vivere in un limbo, sospesa in una modernità tutta sua che la rende ammaliante e dannata, come un'amante che ti sfugge e ti accarezza.


Desario è il responsabile del «messaggero.it» e dialoga con i lettori con una rubrica sul giornale cartaceo. Racconta e ascolta, legge la cronaca e fa la cronaca. È così che viene fuori #RomaBarzotta 2, mandato in libreria in questi giorni da Avagliano (pagg. 146, euro 14, con una prefazione di Malcom Pagani) che segue la prima raccolta di due anni fa, ne insegue la traccia e porta avanti la rappresentazione quasi teatrale di Roma, come in un secondo atto con nuovi e vecchi protagonisti, gente comune e del Comune, tutti immersi in una realtà barzotta, ovvero a metà, sospesa, galleggiante e indecisa. È una condizione che caratterizza molte città italiane e forse l'Italia stessa. Ma Desario ne fa solo il punto di partenza, il perno per svelare facce segrete di Roma e così riesce a dare forma a un sentimento, a una curiosità, a una speranza, a un disagio con l'asciuttezza che si conquista faticosamente con la lunga militanza nella cronaca di un quotidiano e la vita vissuta per strada, aggirandosi per piazze e vicoli o fermandosi a un semaforo.


I protagonisti e le comparse sono tante, attori improvvisati e autentici su un palcoscenico dove non si recita a soggetto e non ci si arrende mai. Si animano e acquistano voce persino i luoghi, quelli celebri e quelli ignoti. Desario riesce a sfuggire al disincanto che per lui potrebbe essere doppio: da giornalista esperto e da romano, perché i romani sono inseguiti proprio dallo stereotipo del disincanto, hanno visto tutto, sono al centro del mondo, nulla può più meravigliarli. Invece, c'è sempre il bene e il male di una città fa i conti con il peso della Storia e della vita quotidiana, dell'arte barocca e dell'ingorgo, dei sindaci che passano e i problemi che restano. Desario racconta e spesso e volentieri s'indigna. E se non è sempre rabbia, di sicuro è sempre amore. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino