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Se nel secondo millennio del secolo tutto il mondo globalizzato festeggia Halloween, fino al secolo scorso, a Napoli, i bambini celebravano i defunti raccogliendo soldini nelle cascettelle, scatole di cartone "riciclate" (delle lampadine o delle scarpe) abbellite con teschi o specchietti e trasformate in salvadanai. Rinverdisce il ricordo la giornalista Lucilla Parlato nel libretto "Le cascettelle dei morti" per la collana "Carte e Cartuscelle" delle Edizioni Langella (tiratura limitata con un disegno di Spiff, 25 euro).
Nel suo testo Parlato ricorda una poesia del 1875 e un moscone di Matilde Serao del 1906. E poi Giuseppe Marotta nell’Oro di Napoli e Eduardo in Filumena Marturano: tutti autori che ricordano una tradizione durata fino agli anni '70, quando diversi bimbi giravano con i loro "tavutielli" tra le mani per chiedere un soldino per le anime dei defunti.
Il "dolcetto o scherzetto", dunque, è sempre esistito all'ombra del Vesuvio, dove le anime del purgatorio, le anime pezzentelle - coloro che 'chiedono', da 'petere' - sono alla ricerca di 'refrisco' da parte di donne che si rivolgono direttamente a loro invece che a Gesù o alla Madonna o ai santi. Probabilmente fu già dal 1969 con il divieto di celebrare il 'culto dei morti' nelle cripte e negli ossari cittadini da parte del cardinale Ursi che questo 'halloween partenopeo' iniziò a svanire. Per fortuna c'è chi lo ricorda (e ne scrive) ancora.
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Il Mattino