Le parole offrono belle opportunità, i loro significati inchiodano e ampliano significati. “Fine del mondo del fine” è il riuscito incastro di parole che...
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Anzani muove dal (e si muove intorno al) potlatch – pratica presente (sebbene sia stata resa illega le sia in Canada sia negli Stati Uniti, seguita a sopravvivere) nelle tradizioni di alcuni popoli nativi americani, che si articola proprio in una rinuncia ai “beni di prestigio”. Meglio ancora, al loro dono, alla loro dilapidazione. Un meccanismo che – indicando nell’elargizione dei propri possessi, invece che nella loro conservazione, il rango di chi lo mette in atto – ne innesca un altro che va nella direzione della reciprocità della pratica. E dunque, a un ciclo continuo di “economia del dono”.
Ebbene, le immagini di Luca Anzani vogliono dunque essere dei “doni” anch’esse, “contro la logica del fine alla base del principio del lavoro e della produzione. Anche nelle arti”.
Ma non solo: esse vogliono tenersi lontane dall’odierna “società dell’immagine” che – con una iper-produzione spesso neppure osservata dall’altro – tende a falsificare e patinare la realtà, con il fine di tappezzarne, coprirne certe vacuità. E vogliono per contro affermare con forza che è ancora possibile guardarla onestamente, quella realtà, con tutte le sue zone d’ombra, le sue ambiguità, i suoi dati non codificati. Che è possibile ancora, in questo mondo, di questo mondo, avere una visione: “una visione in grado di conservare il segreto insito nell’immagine e, quindi, di stabilire con quello un rapporto di intima complicità”.
Il sarajevo supermarket si trova a via Matteo Ripa 7.
La mostra è visitabile sino al 22 marzo, tutti i giorni, previo appuntamento telefonico (ai numeri 328/9677340 e 347/4735564); ulteriori informazioni alla pagina Fb. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino