Michele Zatta, da "Mare Fuori" alla nomina al Premio Strega 2023

“Forse un altro", il libro che celebra la vita nella sua irrimediabile imperfezione

Michele Zatta
“Forse un altro” è il titolo del primo libro di Michele Zatta, presentato dalla scrittrice e giornalista Maria Pia Ammirati nell'ambito delle...

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Forse un altro” è il titolo del primo libro di Michele Zatta, presentato dalla scrittrice e giornalista Maria Pia Ammirati nell'ambito delle proposte degli Amici della domenica per il Premio Strega 2023.

Michele Zatta è sceneggiatore, produttore e dirigente di Rai Fiction dal 2008, nonché volto noto al grande pubblico in quanto co-ideatore e sceneggiatore di "Un posto al sole" e produttore di "Mare fuori". Con “Forse un altro”, pubblicato nel 2022 dalla casa editrice Arkadia, Zatta approda a un nuovo genere di scrittura, pur con inevitabili contaminazioni derivanti dalla sua durevole esperienza nel mondo cinematografico.

“Forse un altro” è un esperimento narrativo e stilistico ben riuscito, costruito con ironia, sagacia e brillantezza. Il libro riflette sulla natura umana e sulle sue sfumature più recondite, inconfessate e represse, interrogandosi sul significato dell’esistenza, sul rapporto tra la vita e la morte e su quel sottilissimo filo che le lega e separa al contempo. Con leggerezza e humour, l’autore indaga i volti taciuti degli individui e delle società, l’accettazione di sé stessi e l’amore per il prossimo, dando vita a un racconto dal valore allegorico e dalla valenza universale.

Il protagonista del testo, Mike Raft, dopo una serie di sfortunati eventi, tra cui il licenziamento, una delusione sentimentale e un investimento sbagliato, si ritrova prigioniero di una realtà dai tratti kafkiani. Affondato in un vortice di autocommiserazione, Mike è ostaggio del suo subconscio, tra pensieri, sogni e paure che sembrano farsi presenze tangibili. È così che si inaugura un viaggio fortemente allegorico di esplorazione e accettazione di sè, una sorta di bildung personale, un percorso tormentato eppure liberatorio di autoconoscenza e di autocoscienza che restituirà a Mike la fiducia nella vita e nelle possibilità umane

In un mondo che idolatra la perfezione, Michele Zatta volge il suo sguardo a tutti coloro che si sentono “sbagliati”, celebrando l’inadeguatezza e la fallibilità umana e invitando il lettore a prendere atto che, qualunque sia il prezzo del cambiamento, vale sempre la pena tramutarsi per rimettersi in cammino, perché, proprio come asserisce l'autore nel corso del testo, «non può esserci rinascita senza sofferenza».

“Forse un altro” è dunque un prodotto letterario sperimentale che tocca tematiche cruciali attraverso uno stile molto fluido e attraverso la commistione di molteplici suggestioni provenienti dall’ambito letterario, cinematografico e musicale. Di queste e altre tematiche relative al testo abbiamo discusso con l’autore del libro Michele Zatta.

Cosa evoca il titolo del tuo libro?

«Beh, parte della filosofia di questo libro è che per diventare migliori, per accettare chi sei, devi fare un’opera di cambiamento. La vita ti insegna che spesso i tuoi sogni non si avvereranno e dovrai rintanarti in scenari che inizialmente non avevi preso in considerazione. Per far sì che queste nuove mete non ti lascino con l’amaro in bocca è opportuno saper cambiare. È quello che accade a Mike. Lui parte con un’idea irrealizzabile, si sposta su un altro sogno e forse alla fine si rende conto che la vera felicità sta nel realizzare il sogno di qualcun altro.»

Chi è Mike? Potremmo definirlo un inetto?

«Assolutamente sì. Io mi identifico completamente nel personaggio principale. Mike è un fallito totale, è un inetto, è uno che della vita non ha capito nulla e che per buona parte del racconto lo dimostra. È proprio per questo che io lo amo: a me piacciono quelli che sbagliano, gli ultimi e non i primi. Mi piacciono quelli che cadono continuamente ma che hanno la forza di rialzarsi, mi piacciono quelli che soffrono, che amano e amano invano.»

Che cos’è la morte per Mike? È la chiusura di un cerchio o l’apertura di nuove possibilità?

«La morte è entrambe le cose. Non voglio essere ipocrita e dire che la morte è una nuova opportunità, perché la morte è terribile. Io ho dedicato il libro a mia madre, che è morta prima che il libro uscisse, e nel frattempo ho perso anche mio padre. Ho vissuto due esperienze che mi hanno toccato nel profondo. La morte per me è la fine di un ciclo, e a me non piacciono le cose che finiscono. Amo le serie che non finiscono mai. La parola “fine” non mi piace.»

«Noi non siamo altro che la somma dei sentimenti che proviamo. E, quando cessiamo di esistere, la nostra essenza continua a fluttuare libera… come una foglia in una giornata di vento. È per questo che l’amore vince sulla morte»

Che cos’è invece la vita per Mike e da quali forze è governata?

«Una delle mie finalità era toccare temi molto seri strappando una risata. Da ciò ne consegue anche la caratterizzazione di molti personaggi. Il Destino è sostanzialmente un uomo capriccioso, perso nelle sue turbe psicotiche. È come se anche lui fosse vittima del suo destino. Tornando alla domanda, vorrei citare una frase di Oscar Wilde: “pochissimi attimi di squisita leggerezza in mezzo a un mare di disperazione”. Penso che la vita sia fatta di alcuni attimi di gioia che ci restano dentro per sempre e che nessuno potrà mai toglierci. Penso al mio matrimonio, alla nascita dei miei figli, ai primi momenti con loro, penso a quando erano piccoli. E penso che queste cose non me le toglierà mai nessuno. Però, per affrontare la vita col sorriso bisogna avere anche una certa dose di sconsideratezza.»

«L’amore sorvola sul male. La speranza di intravedere un senso, dietro a tutto il caos che ci inonda, è data solo a coloro che mantengono inalterata la capacità di amare»

Tra la vita e la morte c’è uno spazio di mezzo. Che cosa rappresenta questo limbo?

«Il romanzo ha un inizio realistico perché si svolge in un appartamento, e ha anche un finale realistico perché si svolge in un parco. Quindi il romanzo ha due location vere e in mezzo c’è questo limbo, che è anche lo spazio narrativo che mi ha permesso di inventarmi di tutto. Nel limbo tutto è possibile, è un luogo che si presta magnificamente agli intenti paradossali, metaforici e surreali che avevo in mente. E mi viene anche più semplice rappresentare la verità, l’amore, il sesso, la giustizia e quant’altro. Alcuni personaggi non abbandonano mai questo limbo. La Giustizia, per esempio, vi è confinata. Questo perché io sono profondamente convinto che una vera giustizia da noi non esista. Basta la morte di un solo bambino per dimostrarlo. E anche la Verità quasi mai riesce a penetrare nel mondo vero. Quindi il limbo mi serve anche per raccontare la mia visione della realtà e del mondo, di come giudico io le cose. Le giudico in modo disincantato, un po’ malinconico, ma nondimeno cerco sempre di trarne una risata.»

Mike avrà mai il suo lieto fine?

«Mettiamola così: il libro ti consente di sperare che Mike possa incontrare di nuovo la ragazza con i capelli rossi. Questa speranza è legittima e per me questa speranza vale tutto.»

Cosa puoi dirci del tuo stile narrativo? Che rapporto c’è con la scrittura cinematografica?

«Io vengo dalla scrittura cinematografica e televisiva. Tra le cose che ho fatto recentemente c’è Mare Fuori. Idealmente per me lo stile è proprio quello: significa sempre intensità e coinvolgimento. In questo caso io uso molto i dialoghi perché credo ti facciano entrare subito dentro e ti svelino i personaggi. Anche per i personaggi vale quello che applico nelle scritture delle serie. La quintessenza delle serie per me sono i personaggi in evoluzione e ho applicato questo credo anche al protagonista del libro. Se lui non mutasse, non ci sarebbe una storia. Un’altra cosa che vorrei sottolineare è la tecnica del planting tratta dalla sceneggiatura, vale a dire piantare un seme all’inizio per poi coglierne il frutto nel finale. Questo libro è pieno di plantings, ce ne sono almeno un centinaio. E poi, quando scrivevo, ho sempre pensato a un pubblico giovane. Ho voluto fare un libro molto coinvolgente, che si leggesse in modo fluido.»

Nei ringraziamenti ricostruisci gli sfortunati eventi che hanno preceduto la pubblicazione del testo. Prevedi nuove metamorfosi del testo?

«Voglio dire una cosa un po’ esoterica. Quando ho avuto la prima copia del libro in mano, e già prima di quel momento, ho avuto la percezione che il libro fosse un’entità totalmente diversa da me e che da quel momento in poi avrebbe marciato con le sue gambe. E così è stato. Il libro ha intrapreso una propria strada, come se sapesse cosa dovesse fare e dove dovesse andare, e nessuno mi toglie dalla testa l’idea che in qualche modo sia coinvolta anche mia madre.»

In futuro ti cimenterai nuovamente con la scrittura di romanzi?

«Ho una scrivania molto grande con moltissimi cassetti, c’è spazio per molti manoscritti. Confesso che ci sono altri tre manoscritti “antichi”, per così dire. Per adesso no però, almeno per il prossimo anno non toccherò pagina. Dopodiché mai dire mai.»

Che significato ha per te la nomina al Premio Strega?

«Non hai una vaga idea di quante volte, di notte, io mi sia chiesto: “Che sto facendo? Che senso ha tutto questo?” Ero già consapevole che stavo scrivendo un libro giudicato da molti impubblicabile o inclassificabile. Ogni tanto quindi mi assaliva il dubbio e mi chiedevo: “Dove sto andando? Agli altri piacerà?” Dopodiché, già adesso, il libro ha avuto tanti e tali riscontri, ha avuto delle critiche che mi hanno commosso, in particolare quella di Gabriele Ottaviani. Dei lettori mi hanno cercato e chiamato, alcuni divertiti, altri commossi, altri mi hanno detto “questa è esattamente la mia storia”. Quindi a questo punto io credo di aver ampiamente raggiunto il mio scopo. Tutto quello che verrà è un di più. Già essere arrivato tra gli ottanta testi che si sfideranno per la dozzina è incredibile, soprattutto tenendo conto che nell’anno in cui è uscito il mio libro sono usciti 92.000 libri. Per fortuna non lo sapevo quando l’ho scritto. Adesso lo lascio andare e sento che il libro sta marciando, sento già parlare di una seconda edizione.»

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Il Mattino