Come tutti gli autentici divulgatori di storia, quali sono gli studiosi che amano raccontare e non soltanto scavare negli eventi del passato, Arrigo Petacco veniva dalla cronaca....
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È nei suoi libri, infatti, oltre che nelle apparizioni in tv più volte invitato per dire e per dare il suo sempre originale punto di vista su questo o quel grande avvenimento, che si conferma una mai sopita volontà di confrontarsi con la storia degli uomini e dei popoli senza i paraocchi dell'ideologia dominante. Petacco fu tra i primi a parlare di guerra civile a proposito del periodo drammatico fra il 1943 e il '45 in Italia. Oggi è concetto storicamente acquisito, ma fino agli anni Ottanta era ancora aborrito dalla storiografia prevalente. Criticava, inoltre, la sproporzione fra il contributo dato dai partigiani alla Liberazione, e che considerava modesto, rispetto a quello decisivo degli americani. «La guerra l'hanno vinta gli Alleati, non la Resistenza», diceva l'appassionato di storia. Di tutta la storia italiana, dal Risorgimento a Caporetto, l'ultima sua pubblicazione con Marco Ferrari. E senza temere polemiche. La più recente da lui sollevata? Petacco escludeva il diretto coinvolgimento di Mussolini nel delitto Matteotti.
Ma a chi gli domandava dell'inizio del mestiere di giornalista, così ricordava con naturalezza: «Mi piaceva scrivere. Scrivevo degli articoli e poi li imbucavo indirizzandoli ai giornali. Non avevo mai risposta. Una volta mia madre torna a casa con dei fagiolini avvolti in un giornale: vedo la mia firma in fondo a un articolo. L'avevano pubblicato senza dirmi niente. Era sull'anniversario della morte di Edgar Allan Poe. Ho pensato: Allora forse qualcosa so scrivere e sono andato avanti».
Avanti fino ad arrivare alla direzione del mensile Storia Illustrata, del quotidiano La Nazione e di Speciale Tg1: scrittura e televisione, un binomio per lui, e per i suoi lettori-telespettatori, col tempo inscindibile.
Il Mattino