Procida, l'isola di Siano è una capitale esistenziale

Procida, l'isola di Siano è una capitale esistenziale
Isola dai colori pastello e capitale della cultura italiana. Terra Murata costellata di fortificazioni a picco sul mare per oltre 90 metri, ostaggio di assedi e preda di saraceni...

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Isola dai colori pastello e capitale della cultura italiana. Terra Murata costellata di fortificazioni a picco sul mare per oltre 90 metri, ostaggio di assedi e preda di saraceni a capo di incursioni sanguinarie. Luogo di processioni di penitenti e carcerati, di esiliati per scelta o per condanna, di marinai e giramondo. È la Procida raccontata attraverso le immagini del fotografo napoletano Sergio Siano, firma di punta di Newfotosud e, quindi, de «Il Mattino». «Ho voluto rappresentare l'isola nei suoi luoghi più noti e in quelli più difficili da raggiungere, nei suoi misteri, nelle sue abitazioni, nelle sue grotte marine. Le mie foto non vogliono fare poesia ma servire da strumento di conoscenza» dice Siano.

Come negli altri suoi volumi fotografici, anche in questo, Procida (Intra moenia, pagine 152, euro 18) i testi spiegano la storia, raccontano leggende, offrono visioni suggestive. Marina grande dovrebbe essere chiamata Marina di Sancio Cattolico, deformazione di «Sancta Cattolica» usata da chi già nel XIV secolo s'inerpicava da qui verso l'abbazia. La Corricella, o «Curricèdda» nel dialetto locale, è isola nell'isola, nella sua struttura immutata nel corso dei secoli e raggiungibile solo via mare o per ripide e a volte inaccessibili gradinate. Il nome deriva dal greco «chora kalè», ossia contrada bella. «Ci piace pensare ad antichi coloni che rimasero affascinati da questa baia e di certo è il borgo più antico di Procida, il primo porto ad essere popolato di pescatori, barche, reti. C'è chi dice che sia uno dei luoghi più belli del Mediterraneo con nulla da invidiare alle isole greche».

Siano sottolinea la grande bellezza della suggestiva «architettura che ha riempito quell'anfiteatro di tufo con colorate abitazioni, tutte addossate le une a fianco delle altre, le une sulle altre, con scale sempre solo esterne, con un intreccio di archi per proteggere le finestre dal caldo. E infine i colori pastello dal rosa al giallo, dall'azzurro al verde e al bianco». Oltre che per un inno alla vita dai mille colori, l'autore spiega anche un motivo più banale dell'esplosione della policromia: così il pescatore di ritorno poteva riconoscere, appena spuntata l'alba, la propria abitazione. Dal belvedere Elsa Morante a quello dei due cannoni, dalla Schianata al Vascieddo, dalla gradinata del Pennino alla «casa girevole» dell'architetto Lamont Young, dalla Chiaiolella, il cui vero nome è Ciraciello, a Vivara, dai luoghi del Troisi postino a via Concetta Barra l'occhio della macchina fotografica si sofferma sui particolari più singolari, come sul «vèfio», quel piccolo balcone, coperto con la tipica volta ad arco, dove è facile scorgere un'anziana signora intenta a «vè fià», cioè affacciata a curiosare per «spuòrto», per suo svago.

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Il Mattino