"Raus - fumetto sporco" è l'esordio a matita di Bruno Luverà

La graphic novel sotto lo pseudonimo di Skizzo

"Raus - fumetto sporco" è l'esordio a matita di Bruno Luverà
Un lungo fiume prima blu, poi nero, il Covid, una vacanza in famiglia lungo il Danubio in bicicletta, l’indagine sulla memoria, che rischiamo di perdere, soffocata...

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Un lungo fiume prima blu, poi nero, il Covid, una vacanza in famiglia lungo il Danubio in bicicletta, l’indagine sulla memoria, che rischiamo di perdere, soffocata dalla tecnologia: Bruno Luverà, giornalista politico, ideatore della rubrica “Billy, il vizio di leggere”, si cimenta in nuova una forma di racconto, la graphic novel sotto lo pseudonimo di Skizzo. “RAUS - fumetto sporco”, edito da Comicout, fotografa il nostro tempo, anche politico, attraverso una gita di famiglia, tra ricordi, riflessioni e umorismo.

Perché scegliere la forma del fumetto?
«L’idea è nata durante una vacanza lungo il Danubio con la mia famiglia: cosa sarebbe rimasto di quel momento se avessimo usato soltanto lo smartphone per nutrire i nostri ricordi? L’unico modo efficace per conservare i ricordi è imprimere la memoria su carta. Quindi, cosa c’è di meglio di un disegno? Così sono nati gli appunti disegnati del viaggio, che, in quattro anni, sono diventati una storia a fumetto. Il progetto è nato non da un fumettista o da un disegnatore, ma da un lettore che ama fin da quanto era ragazzo il fumetto, che trovo sia una forma di racconto molto efficace: dove le parole non arrivano, ci sono i disegni, che colpiscono ancora più in profondità. Ti consente di immedesimarti maggiormente nella storia. Da quando ho cominciato a dedicarmi al libro, ho modificato il 70% delle tavole, mentre le parole sono rimaste, all’incirca, quelle iniziali».

Quindi nella storia è tutto realmente accaduto?
«C’è una componente autobiografica e una di finzione, un mix tra realtà e immaginazione. Alcuni tratti del racconto sono assolutamente reali, per esempio quando racconto che tornando indietro con la memoria, agli anni ‘60, ricordo che si viveva una violenza diffusa. In quegli anni ho vissuto a Roma, dove rischiavi, nella migliore delle ipotesi, di essere pestato soltanto mettendo piede fuori di casa. Racconto di un’aggressione subita, un trauma che a distanza di 40 anni c’è ancora. Mi serviva raccontarlo perché, al di là delle appartenenze ideologiche, la generazione di quel tempo, sia a destra che a sinistra, è stata esposta a una violenza rischiosa, in nome non si sa di che cosa. Si tratta di un periodo che andrebbe ripensato e ristudiato, con il contributo e le testimonianze di chi, da una parte e dall’altra, era impegnato nella militanza politica e, nonostante rifiutasse la violenza, non poteva fare a meno di esserne oggetto e rischiare la vita. Ogni pagina di questo libro mi permette di aprire un cassetto della memoria e provare a raccontare cosa quel periodo abbia significato. Protagoniste del libro anche mia moglie e le mie figlie, una delle due, durante la gita, ha detto: “Andare in bici è come la vita, devi sempre guardare avanti stando in equilibrio, con cuore gentile” e credo che abbia ragione. Poi, logicamente ci sono delle parti inventate, come in qualsiasi romanzo».

Skizzo è il suo alter ego?


«Il disegno nasce dall’abbozzo delle linee su foglio di carta, dunque da alcuni schizzi. Siccome non sono un fumettista né un disegnatore lo pseudonimo dà l’idea di chi è agli esordi con la matita, ma in maniera sporca, ecco perché “fumetto sporco”. Provare a raccontare attraverso il disegno è un’esperienza fantastica, che permette di raccontare realtà, che descrivendo con le parole, non tireresti fuori».  Leggi l'articolo completo su
Il Mattino