Riders schiavi delle due ruote: il libro-inchiesta «Insubordinati» di Rosita Rijtano

Riders schiavi delle due ruote: il libro-inchiesta «Insubordinati» di Rosita Rijtano
Un lavoro essenziale, ma senza tutele. Si potrebbe riassumere così la storia di centinaia di giovani e meno giovani, che per necessità hanno deciso di salire sulle...

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Un lavoro essenziale, ma senza tutele. Si potrebbe riassumere così la storia di centinaia di giovani e meno giovani, che per necessità hanno deciso di salire sulle due ruote, indossare uno zaino colorato e schizzare avanti e indietro per le città. I riders, diventati lavoratori essenziali durante il lockdown, sono raccontati nel libro di Rosita Rijtano: Insubordinati. Inchiesta sui rider edito dal gruppo Abele. L'autrice, giornalista de Lavialibera, rivista di Libera e Gruppo Abele, ha seguito per un anno alcuni riders e raccolto nel suo percorso testimonianze, analisi ed elaborato dati per capire cosa succede nel complesso mondo degli angeli delle consegne e delle app che gestiscono il food delivery in Italia. Un'inchiesta per descrivere tutto ciò che accade prima che il sushi arrivi alla porta di casa, prima che la pizza finisca sulla tavola.



«L'essenzialità della loro professione non va di pari passo con le tutele e i diritti di cui dovrebbero godere». Nel libro si racconta come «il loro lavoro è duro, durissimo, pieno di rischi e assolutamente sottopagato». «Aspetti l'ordine, vai al ristorante, corri dal cliente, aspetti il nuovo ordine, vai al nuovo ristorante e così via, fino a che non sei spompato» racconta Enrico in una delle tante testimonianze raccolte dalla Rijtano in questa approfondita inchiesta. «Vessazioni e violenze, contratti debolissimi e assolutamente incapaci di inquadrare correttamente queste figure ibride» figlie della gig economy, a metà strada fra lavoro subordinato e libera professione. Ma il precariato non è una «questione che riguarda solo i riders - spiega l'autrice - Ho incontrato durante il percorso molti ricercatori universitari, alcuni dei quali sono stati costretti anche a fare i riders per tirare avanti. Altri si sono invece avvicinati a questo mondo perché si sono rivisti nella condizione nella quale vivono i fattorini».

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Nel libro, Enrico, uno dei protagonisti, ricorda anche Antonio Prisco, il 37enne sindacalista della Nidil Cgil, tra i leader delle battaglie dei riders in Campania e a Napoli, scomparso poco più di un anno fa. Tra le storie anche quelle di tante persone straniere, spesso povere o poverissime, «tutte diverse, con il loro singolare bagaglio di sofferenza e umanità - sottolinea l'autrice - facilmente ricattabili a causa delle difficoltà linguistiche, economiche e sociali». Rijtano, attraverso interviste, documenti e viaggiando per un anno insieme ai riders, è riuscita dunque a ricostruire il contesto lavorativo nel quale si muovono: dove il capo è una piattaforma digitale e l'algoritmo decide tempi, percorsi, orari e soprattutto i compensi. Alcuni dei riders citati lavorano da tre anni sulle due ruote, hanno percorso 46mila chilometri, avuto sette incidenti, ma guai a parlare di infortunio sul lavoro. Per l'autrice i riders devono essere considerati «il grande banco di prova delle modalità di lavoro del futuro, per loro già presente. Da come sarà regolata, o non regolata, la loro attività dipende il domani di tutti noi». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino