Guido Trombetti è molto più di un «matematico impertinente». È un uomo a più dimensioni: capace di coniugare le sue (astruse ai più)...
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E Trombetti, uomo dei numeri dotato di senso dell'ironia (basti ricordare il suo carnet di giochi matematici con Giuseppe Zollo I segreti di Pitagora, 2012), sa usare bene anche le parole. Tanto da aver pubblicato oltre 400 articoli su varie testate - tra le quali «Il Mattino» - selezionati nel volume Pigreco Punto Zero (2014), accanto a saggi e libri di fiction.
Non stupisce dunque che, dopo il felice esordio narrativo con i romanzi Quando meno te l'aspetti (2010) e Magellano e il magizete. Storia di viaggi, scoperte e conigli con gli occhi rossi (2014) approdi ora al genere del racconto in questa nuova raccolta che ne racchiude 20, suddivisi tra «verosimili» e «inverosimili». Scansione utile a distinguere tra un gruppo di testi semirealistici, ancorati a Napoli e alle memorie private (e trasfigurate) dell'autore e un altro gruppo, invece, che si inscrive a pieno diritto nel filone del nonsense e del surreale praticati non a caso da un altro matematico illustre, il reverendo Charles Lutwidge Dodgson, alias Lewis Carroll, autore di quell'Alice che ha ispirato il titolo della raccolta di Trombetti. Il quale offre, ai suoi lettori, quadri chiaroscurali di una Napoli in cui spunti autobiografici trascolorano in ritratti di infanzie e gioventù (i ragazzi della ringhiera in «Al Vomero», le storie di «Vincenzino o Sciancatiello»), atmosfere di malaffare («La morte in una stanza») e solitudini metropolitane (il toccante «L'uomo solo»), tra bilanci esistenziali («Il neonato»), incursioni fantastiche («Alessio cavalcava») e una short story tinta di giallo psicologico (la rivisitazione delle parabole di Ettore Majorana e Renato Caccioppoli in «Non il caso, né il tuo Dio»).
Nella seconda parte, il divertissement dell'autore prende corpo in una giostra dove le «cose impossibili» roteano come i ghirigori della «mosca bianca» parlante; scivolano nelle atmosfere liquide de «La città in discesa»; si inanellano nelle stralunate avventure dello scheletro Ernesto goloso di gelati, nei punti di vista diversi offerti da «Cucù», nella spirale ludopatica di «Che barba», nell'ammiccante elogio della creatività e del pensiero divergente in «Lì sapranno cosa fare», nelle simboliche metamorfosi di «Filippo il fatto», nel fulminante «Le sante non sono mai bionde», nella spiazzante emancipazione dai sentimenti di «Imparare a volare», nel didascalico elogio della penombra di «Birzù». Tra sberleffo e malinconia, provocazione e incanto, spicca in questo gruppo il bel racconto allegorico «Giromondo», dove la visionarietà dell'autore adombra domande sul senso ultimo e penultimo della vita, e del tempo.
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Il Mattino