Tullio Pericoli, Ritratti di ritratti: i sentieri tracciati sui volti

Ritratti di ritratti è un libro fondamentale per capire il nocciolo di Pericoli artista contemporaneo

Tullio Pericoli, i sentieri tracciati sui volti

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Tutti avranno visto un ritratto di Tullio Pericoli, classe 1936, sia pure per caso, in una libreria o sfogliando un giornale, una faccia di Woody Allen, di Carlo Emilio Gadda, di Italo Calvino, di Umberto Eco, di Marcel Proust, e chiunque abbia intravisto distrattamente una di quelle facce si è fermato all'improvviso, non più distratto, di colpo attento, molto attento, a fissare, e può darsi senza nemmeno rendersene chiaramente conto, qualcuno che a sua volta lo guarda. Forse perché i disegni e le vere e proprie pitture di Pericoli, le facce e spesso i corpi da lui messi in scena, sono realistici nel senso di essere «proprio uguali» al modello, come si dice ignorando la differenza tra una fotografia e un ritratto? Per niente! E non perché il Kafka o il Bernhard che ci attraggono come un maelstrom non siano davvero Franz Kafka e Thomas Bernhard in carne, ossa e interiorità, ma perché la faccia nei ritratti di Pericoli è un paesaggio-universo in cui sono compresenti e concentrate diverse espressioni e sentimenti e pensieri, quasi come se in una sola immagine ci fosse un film, una sequenza di immagini in una sola figura, come un prisma dalle molteplici facce.

Possibile? Sì, e oggi abbiamo la fortuna di poterlo vedere ancora meglio grazie a Ritratti di ritratti, un volume che l'Adelphi manda in libreria con i disegni inediti che Pericoli aveva tenuto per sé e che un tempo si sarebbero detti «preparatori», disegni che lui ha schizzato e intorno ai quali ha lavorato arrivando ai ritratti «ufficiali»: in Ritratti di ritratti troviamo disegni e pitture che ci mostrano l'arte di Pericoli come se viaggiassimo in presa diretta nella sua mente attraverso le sue dita.

Si vedono i primi disegni, probabilmente improvvisi e imprevisti a lui stesso, che Pericoli ha fatto per i suoi ritratti, usando matite, carboncino, china, acquerello, pastello, olio, sempre su carta e spesso incrociando tecniche diverse: e se è istruttivo vedere anche i sentieri interrotti, gli errori e i vicoli ciechi di un Pericoli che cerca a tentoni, come un rabdomante, il vero volto che vuole ritrarre, è affascinante scoprire i momenti in cui la pura potenza improvvisativa del tratto aggiunge ai ritratti «ufficiali» qualcosa di nuovo. 

In questo libro ci sono per esempio i disegni per il ritratto di Pound, dove Pericoli coglie una selvaggeria animalesca che tanto spiega di Pound, disegni di una potenza da trascrizione medianica del mondo-Pound, vortici di energia che esplodono come i Cantos intorno a un centro che sembra assente ma è il nucleo da cui tutto parte; e ci sono i molti ritratti di Beckett, che si presentano a volte come apparizioni fantasmatiche e altre come scavi nella stessa miniera in cui scavava Beckett, disegni-film che raccontano l'indicibile energia di un Beckett che non si limita a resistere all'orrore, ma entra in battaglia contro gli spettri della distruzione; ci sono i disegni di Picasso lottatore e operaio, come un forzato evaso e un pugile di Puget; e la sequenza su Rossini l'inafferrabile, superficie-profondità che rimanda sempre ad altro; e la paura e la malinconia di Joyce; e la violenza sottile ma terribile di Moravia; e la disperazione dell'impossibile utopia della gioia dietro la grazia sensuale della sequenza su Oscar Wilde: e poi i disegni per Giacometti, di cui si potrebbe tranquillamente dire che nessuno è sbagliato, e che tutti hanno a volte una briciola e a volte un intero pezzo dell'anima di Alberto Giacometti, come se in quel volto di aristocratico africano d'Occidente si rispecchiasse l'enigma della sua opera e il nostro enigma. 

Ritratti di ritratti è un libro non solo bello e commovente e «istruttivo» per chiunque voglia capire cos'è l'arte del disegno e del ritratto, ma è anche un libro importante per capire il nocciolo, non sempre chiaro a tutti, di Pericoli artista contemporaneo: perché per un lungo momento questa finestra su una work in progress ci fa dimenticare il Pericoli splendente di compiuta perfezione e ci mostra un Pericoli allo stato «selvaggio», un artista che fa quasi dell'action painting ma alla sua maniera, come se la sapienza classica dei Raffaello e dei maestri del passato fosse stata assorbita in segreto e trasportata nella nostra sapienza ignorante, nella sapienza che «sa di non sapere» del Contemporaneo più inquieto e veggente, quel Contemporaneo di cui Pericoli sa nutrirsi prendendone ciò che è vivo e lasciando cadere le scorze morte: in viaggio verso il centro del nostro maelstrom, alla ricerca dell'energia per vivere che ci serve come il pane. 

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Il Mattino