«Fieno falciato», un giallo alla ricerca di sé stessi

Il primo romanzo di Silvia Corsi
Quanti giallo-thriller-noir escono in libreria? E quanti altri sono alla base delle nostre fiction preferite? Ebbene in questo bailamme si trova ancora qualcosa che si distacca...

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Quanti giallo-thriller-noir escono in libreria? E quanti altri sono alla base delle nostre fiction preferite? Ebbene in questo bailamme si trova ancora qualcosa che si distacca come tematiche alla media- mediocritas imperante. È il caso di "Fieno falciato (pagg. 184, euro 14; Stampa alternativa)" dell'esordiente Silvia Corsi che disegna un giallo sabaudo diverso dagli autori di questa città squadrata e piena di sotterranei sociali che è Torino. Gioia Treves è una poliziotta che per qualche tempo è stata a Parma a farsi le ossa e che finalmente ritorna a casa dove c'è il cinquantenne Berto, il commissario che l'ha creata come un puparo. Appena giunta trova brutte nuove: Berto ha il cancro e deve fare la chemio ma le bad news non finiscono lì: il figlio del suo Capo, l brillante studente-scienziato Pietro, viene ucciso al Circolo del Tennis. Gioia è subito lì per anticipare gli altri inquirenti e prende fittiziamente nelle sue mani le indagini sfruttando la sua junk memory, una sua facoltà intellettiva che le permette di inscatolare visivamente tutti i dettagli che si trovano nel grandangolo del suo sguardo. Sta maturando la Treves ed al funerale del ragazzo decide di congelare il freezer del suo animo e di sentire gli altri. Mentre continua con le sue indagini e vediamo scorrere le di­verse anime della città sabauda - dai casermoni di periferia, alla borghesia intellettuale ed a quel­la nobile degli affari - la Corsi ci fa un excursus di ogni personaggio intercet­tato da Gioia. Ma lo spaccato più saporito è quello proprio che descrive la vita di Gioia con la sua infanzia defraudata dai genitori e quella sua voglia di annullarsi contro un sistema di potere opprimente. Poi la traccia che la riporta ad un maneggione della droga sua vecchia conoscenza in combutta con un cinese in un'impresa sporca. Cosa stava creando Pietro? Che presenza aveva nella sua vita quest'associazione a delinquere? Domande che lasciamo al lettore. Quello che possiamo dire è che la Corsi ha la capacità di de­scrivere il tutto con un'autenticità di umori, odori, idiosincrasie che abbiamo riscontrato - per Roma - solo in Massimo Lugli e nei suoi thriller. Forse la Corsi non avrà il ritmo del

giornalista di la Repubblica ma per quanto concerne la lingua raramente abbiamo assaporato uno stile prezioso come il suo per un giallo. Ma al di là del genere poliziesco quello della scrittrice torinese è un vero romanzo. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino