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E tu che packaging bevi? C’è una startup inglese, si chiama Notpla ed è finanziata da Sky Ocean Ventures, il fondo creato dal gruppo Sky per la salvaguardia dei mari, che si è inventata una bottiglia che non è una bottiglia, che non si apre ma si addenta, che non si butta ma si ingerisce. L’innovativo contenitore, a forma di capsula, è rivestito da una membrana commestibile realizzata partendo da un’alga, naturale al 100 per cento, e se lo si getta invece di mandarlo giù allora si decompone alla velocità di una buccia di banana. Ora magari non è detto che il futuro delle acque minerali sarà per forza racchiuso in una pillola che si scioglie al sole, ma l’esperimento della startup dà la misura di come si sta evolvendo il packaging in questo settore.
L’EVOLUZIONE
Del resto, la sete di sostenibilità di chi acquista non lascia altre possibilità ai player di un comparto che da solo vale circa l’80 per cento del mercato delle bevande alcol-free. Il 62 per cento dei consumatori italiani, secondo i dati del gruppo di ricerche di mercato Gfk, predilige l’acquisto di prodotti realizzati da aziende green. Il Pet, dopo l’addio al Pvc, è diventato l’unico polimero che l’industria delle acque minerali utilizza per la produzione di bottiglie. Riciclabile al 100 per cento, per via delle sue caratteristiche chimiche, chimico-fisiche, meccaniche e di sostenibilità, risulta essere il materiale più idoneo a contenere liquidi alimentari e bevande. Sempre secondo una ricerca di Gfk, intitolata #WhoCaresWhoDoes, nel 2020 Ferrarelle è stato il brand delle acque minerali percepito come più green in Italia.
GLI ESEMPI
Proprio Ferrarelle nel 2019 è stata la prima azienda del settore a dotarsi di un impianto di produzione di preforme in Pet riciclato (R-Pet) proveniente dalla raccolta differenziata: le bottiglie per il canale retail che escono dallo stabilimento di Presenzano, in provincia di Caserta, sono composte al 50 per cento da R-Pet.
LE PROSPETTIVE
Ma non è solo per effetto della direttiva Sup e della sete di sostenibilità dei consumatori che le aziende del settore stanno virando con decisione verso le bottiglie al 100 per cento in R-Pet. Incide anche lo spettro della plastic tax, che il governo con il decreto Sostegni bis ha rinviato al 2022. Il balzello colpirà la plastica vergine, con un’aliquota di 0,45 centesimi per ogni chilogrammo di materia acquistata, e risparmierà il Pet riciclato che come detto ha un costo tuttavia più elevato. «Significa che un’azienda che acquista una tonnellata di Pet dovrà versare 450 euro, e per le imprese del comparto di dimensioni medio-grandi ciò si tradurrà in un esborso di circa 50 milioni di euro in media», mette in chiaro il vicepresidente di Mineracqua. Come se ne esce? In Francia questo mese il gruppo Nestlé lancerà sul mercato una bottiglia unica nel suo genere, brandizzata Vittel, al 20 per cento in plastica ultra-sottile riciclata mentre il restante 80 per cento è costituito da una fibra di cellulosa che deriva da cartone riciclato e vecchi giornali.
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