Altolà sulle criptovalute della Bri-Banca dei regolamenti internazionali, che ha sede a Basilea, in Svizzera. Secondo la Banca centrale delle Banche centrali, le divise...
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Il documento ha analizzato la possibilità di due diversi tipi di criptovalute emesse dalle Banche centrali. Il primo riservato a un gruppo ristretto come banche e istituzioni finanziarie, definita valuta "wholesale" e una seconda invece aperta agli scopi generici, cioè al pubblico generale. Riguardo alla prima ipotesi, ha detto il presidente del comitato per i pagamenti e le infrastrutture di mercato Benoit Coeuré, che è anche membro del consiglio direttivo della Bce, "le valute digitali delle Banche centrali potrebbero aiutare a rendere più efficienti in futuro il regolamento delle compravendite di titoli e valute. Ma servono ulteriori studi ed esperimenti per esplorare questi benefici". Le valute digitali rivolte al grande pubblico, ha aggiunto Coeure, "potrebbero rivoluzionare il modo in cui il denaro viene fornito, oltre che il ruolo delle Banche centrali nel sistema finanziario, ma questi sono territori inesplorati, con alti rischi potenziali". Al momento il giudizio generale è, in sintesi, che a causa delle loro valutazioni volatili e della protezione inadeguata per investitori e consumatori, le valute digitali sono "insicure" come metodi comuni di pagamento, unità di conto e riserve di valore.
Il rischio frodi è infatti dietro l'angolo. Due esempi? Il primo. Dopo aver subito un attacco hacker alla fine di gennaio, l'exchange giapponese di criptovalute Coincheck ha speso circa 440 milioni di dollari (rispetto ai 500 milioni al momento del furto) per rimborsare i clienti, pur riprendendo, sebbene in modo limitato, le sue attività di trading. Il gruppo ha detto di avere usato fondi propri per rimborsare i 260mila clienti a cui sono stati sottratti 523 milioni di Nem, una valuta virtuale, in quello che è stato uno dei più grandi furti al mondo da parte di pirati informatici: quello subito da Coincheck è entrato nella storia per aver superato i 480 milioni di dollari di Bitcoin sottratti nel 2014 a MtGox, altro exchange giapponese di criptovalute.
Il secondo esempio. Binance, sistema di scambio per criptovalute con sede a Hong Kong, offre una ricompensa di 250mila dollari in criptovalute a chiunque rintracci l'autore che ha hackerato il suo sistema mercoledì scorso. L'amministratore delegato, Changpeng Zhao, ha scritto che al momento dell'incidente gli hacker avevano cercato di rubare i dati personali dei propri clienti, come informazioni finanziarie o codici di accesso, in un "tentativo di furto su larga scala". Zhao ha anche precisato che i fondi dei clienti erano al sicuro: Binance infatti ha messo da parte milioni di dollari per eventuali risarcimenti. Binance è uno degli exchange di criptovalute più grandi al mondo.
Intanto il Bitcoin oscilla intorno ai 9.000 dollari, dopo aver sfiorato i 20mila dollari a dicembre. La moneta digitale è frenata dalla stretta di Stati Uniti e Giappone. La Sec, la Consob statunitense, ha infatti avvertito che gli operatori che offrono servizi di scambio su "asset digitali che risultano essere titoli" dovranno registrarsi. Tokyo ha poi ordinato il blocco delle operazioni a due piattaforme di cyberdivise. Secondo l'Agenzia nipponica che vigila sui servizi finanziari una di queste due entità, la Fsho "non ha un sistema efficace di controllo degli scambi e non ha formato i suoi dipendenti", mentre l'altra, la Bit Station, "ha distratto dei depositi di moneta virtuale di alcuni clienti per propri fini". L'autorità ha ordinato ad entrambe la sospensione delle operazioni per un intero mese.
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Il Mattino