Stop alla politica monetaria accomodante ed espansiva. A suonare la sveglia della svolta è la stessa Bce. I tassi non caleranno oltre il livello attuale. Ma, se sarà...
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Eppure, alla domanda se la normalizzazione della politica monetaria possa in futuro creare problemi ai Paesi ad alto debito come l'Italia, Draghi si sfila. «Abbiamo un obiettivo specifico che è la stabilità dei prezzi. Non il sostegno ai bilanci dei paesi, o altre considerazioni», risponde. Non preoccupa la Bce, quindi, che alcuni paesi come l'Italia possano pagare un prezzo più salato di altri quando i tassi torneranno a crescere.
Ufficialmente, quindi, il comunicato del Direttorio mantiene fermo il costo del denaro, con il tasso principale a livello zero e quello sui depositi delle banche in negativo dello 0,4 per cento. E resta invariato anche il piano di acquisti di bond del Qe, che vale 60 miliardi al mese e durerà fino a fine anno. Comunicato su cui non c'è stato un voto ma non ci sono state nemmeno voci dissenzienti, ha riferito Draghi.
Decisioni che cadono in uno scenario in cui la ripresa si sta rafforzando e può accelerare più di quanto previsto. Perciò la Bce ha rivisto al rialzo le stime di crescita dell'Eurozona, ma solo dello 0,1% in tutti e tre gli anni considerati. Il Pil salirà dell'1,9% quest'anno, dell'1,8% il prossimo e dell'1,7% nel 2019. Al contrario le stime di inflazione sono state riviste al ribasso. La temperatura che misura la febbre dei prezzi segnerà nel 2017 una crescita stimata all'1,5%, all'1,3% nel 2018 e all'1,6% nel 2019. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino