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La guerra in Ucraina tiene in apprensione i titoli di tutto il mondo. Chiusura in fortissimo calo per Piazza Affari. L'attacco russo alla centrale nucleare ucraina di Zaporizhzhia, la più grande d'Europa, scatena il panic selling in Europa con banche e auto nel mirino mentre continua ad aggravarsi la situazione in Ucraina. Putin ha annunciato nuovi colloqui nel week end ma la tenaglia di Mosca sul Paese si stringe e nulla lascia prevedere svolte positive a breve. Ne fanno le spese i listini europei con Milano, peggiore del Vecchio Continente, che chiude sui minimi di giornata a -6,24% ai minimi da febbraio 2021: dall'inizio del conflitto Piazza Affari ha ceduto il 13%, dai massimi di inizio gennaio il 20%.
Anche Parigi e Francoforte segnano ribassi di quasi il 5% mentre Wall Street - con il dato sulla disoccupazione di febbraio migliore delle attese che dà spazio alla Fed per agire sui tassi - viaggia anch'essa in rosso ma finora non pesante. Le principali borse europee hanno bruciato 393,71 miliardi di euro di capitalizzazione in una sola giornata. Piazza Affari ne ha mandati in fumo 36,14 miliardi, che salgono a 83,96 miliardi dallo scorso 24 febbraio, giorno del primo attacco della Russia all'Ucraina.
Chiusa invece la Borsa di Mosca, ferma per il quinto giorno consecutivo, per evitare un collasso finanziario mentre le agenzie di rating continuano a declassare il Paese.
La guerra in Ucraina continua a incidere anche sui prezzi di metalli. Il rialzo maggiore di oggi è del Nichel, che corre del 9% a sfiorare con i futures sui contratti da 1.500 chili la quota dei 30mila dollari. In forte tensione anche l'alluminio (+4% a 3.890 dollari alla tonnellata). Meno evidenti ma sempre importanti per questo tipo di materiali le crescite del rame (+2% a 10.500 dollari per il contratto da 25mila libbre) e del palladio, che sale anch'esso di due punti percentuali attorno ai 2.800 dollari all'oncia.
Russia, probabilità default vola al 67%
La probabilità di default della Russia torna su livelli di guardia: stamani i credit-default swap (Cds) in dollari sul debito russo a cinque anni sono volati a 1.584, un valore che implica una probabilità implicita di default del 67% secondo fonti di mercato. Fiammata anche per il rischio default del settore privato: Sberbank, una delle principali banche colpite dalle sanzioni, stamani ha visto volare i contratti Cds, che fungono da assicurazione dal rischio default, a quasi 2.400, da circa 750 dov'erano a inizio mese.
E dopo le sanzioni inflitte dai Paesi occidentali va verso un collasso dell'economia che potrebbe superare, per gravità, quello visto dopo il default del debito nel 1998. Lo scrive Jp Morgan in un report agli investitori in cui stima un crollo del Pil del 7% quest'anno. Le stime medie degli economisti raccolte dalla Bloomberg indicano un -9% circa. «Le sanzioni minacciano i due pilastri di stabilità, la "fortezza" delle riserve in valuta estera della banca centrale e il surplus corrente», si legge nel report. «Le sanzioni colpiranno nel segno per l'economia russa, che ora è diretta verso una profonda recessione».
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Il Mattino