Caos Tari, le aziende respirano: chiarita la differenza tra rifiuti urbani e derivanti da produzione

Caos Tari, le aziende respirano: chiarita la differenza tra rifiuti urbani e derivanti da produzione
Con una recente circolare di chiarimento, il Ministero della transizione ecologica, in condivisione con il Ministero delle finanze, ha risolto alcuni problemi connessi alle nuove...

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Con una recente circolare di chiarimento, il Ministero della transizione ecologica, in condivisione con il Ministero delle finanze, ha risolto alcuni problemi connessi alle nuove disposizioni e alla loro applicazione sulla Tari.

«L’intervento del Ministero, confermando la nostra tesi ha finalmente chiarito in modo netto la differenza tra rifiuti urbani e rifiuti derivanti dalla produzione, mettendo la parola fine alle dubbie interpretazioni che ne facevano i Comuni, con gravi danni economici a carico delle aziende. Infatti - ha spiegato il presidente di Aidacon consumatori Carlo Claps - recependo alcune direttive europee in materia di rifiuti, è stata eliminata la categoria dei cosidetti “rifiuti assimilati agli urbani” sostituendola con la categoria dei “rifiuti urbani”, definiti come i rifiuti provenienti da altre fonti simili per natura e composizione ai rifiuti domestici».

Pertanto i Comuni non avranno più la possibilità di regolamentare l'assimilazione, per qualità e quantità, dei rifiuti speciali non pericolosi ai rifiuti urbani, e ci sarà una omogenea classificazione dei rifiuti, non più soggetta a interpretazioni regolatorie, da parte dei Comuni, sul criterio di assimilabilità a cui è connessa l'applicazione della tassa rifiuti.

Inoltre, un’altra grande novità apportata dal decreto legislativo n. 116 del 2020 è data dalla possibilità, per le utenze non domestiche che producono rifiuti urbani, di scegliere di servirsi del gestore del servizio pubblico o del ricorso al mercato per un periodo non inferiore a cinque anni. Se l’utente sceglie il mercato privato, quindi conferisce al di fuori del servizio pubblico, deve dimostrare di aver avviato al recupero, mediante attestazione rilasciata dal soggetto che effettua l'attività di recupero dei rifiuti stessi e, in tal modo sarà esclusa dalla corresponsione della componente tariffaria rapportata alla quantità dei rifiuti conferiti

«In quest’ultimo caso, è molto molto importante – sottolinea Claps – che la scelta venga comunicata al Comune, o al gestore del servizio rifiuti in caso di tariffa corrispettiva, entro il 31 maggio di ciascun anno. La circolare chiarisce inoltre che le superfici dove avvengono le lavorazioni industriali sono escluse dall'applicazione dei prelievi sui rifiuti, compresi i magazzini di materie prime, di merci e di prodotti finiti, sia con riferimento alla quota fissa che alla quota variabile».

 

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Il Mattino