Fase 3, Cimmino manager Carpisa e Yamamay: «Manca strategia seria, a settembre ci sarà da piangere»

Fase 3, Cimmino manager Carpisa e Yamamay: «Manca strategia seria, a settembre ci sarà da piangere»
«Le risorse previste dai decreti non sono arrivate alle imprese. E intanto un milione di lavoratori è ancora in attesa della Cig. A settembre la botta sarà...

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«Le risorse previste dai decreti non sono arrivate alle imprese. E intanto un milione di lavoratori è ancora in attesa della Cig. A settembre la botta sarà terribile per il Paese». Gianluigi Cimmino, amministratore delegato della holding Pianoforte, cui fanno capo i marchi Yamamay, Carpisa e Jaked con 2 stabilimenti e più di 1000 punti vendita in tutta Italia, non vede ragioni per essere ottimista sulla ripresa.

 
Eppure nel Decreto Rilancio ci sono molti provvedimenti a favore delle imprese. Non c'è nemmeno uno che la soddisfi?
«Prima di discutere se le misure siano buone o cattive, è necessario considerare che l'84% delle misure inserite nei decreti non sono arrivate a destinazione. È un dato incontrovertibile. Purtroppo si sta avverando quello che avevamo detto un mese fa. La politica dei redditi di sussistenza la pagheremo a settembre quando finiranno gli ammortizzatori sociali. Il secondo decreto è ancora fermo alle Camere con 1800 emendamenti. Il problema è sempre lo stesso».

Quale?
«Non c'è una strategia chiara dal punto di vista industriale sulle modalità per indirizzare la ripresa. Si cerca di accontentare tutti ma alla fine non si accontenta nessuno».

Avete già quantificato le perdite determinate dal lockdown?
«I due mesi di chiusura sono persi. E dunque ci sarà un calo del fatturato del 30%, rispetto allo scorso anno».

Nel vostro gruppo, con brand storici come Yamamay e Carpisa, sono impegnati direttamente circa 2500 lavoratori e con l'indotto si arriva ad un numero compreso tra i 6000 e i 7000. Hanno usufruito degli ammortizzatori sociali?
«Da noi ci sono 1700 lavoratori che avevano diritto alla Cig, ma non l'hanno ancora percepita. Stiamo cercando di anticipare e non è un caso isolato il nostro. Noi abbiamo anticipato la quattordicesima. E poi cerchiamo di avere un 30% di ore extracassa, che logicamente paghiamo noi».

Dopo la riapertura avete riscontrato segnali di ripresa?
«L'Italia è spaccata in due. La ripartenza nelle zone meno colpite dal virus è stata anche abbastanza positiva. Le grandi città del Nord, invece, sono spopolate. Milano, ad esempio, è diventata una ghost city. Lo ha detto anche il sindaco Sala che è il caso di dire basta con lo smart working. In queste condizioni è difficile riprendere l'attività. Al Sud, invece, la ripresa è più veloce. In Campania, in Sicilia e in altre aree poco colpite dall'epidemia si avverte molta voglia di ritorno alla normalità. E non mi riferisco solo agli aperitivi e alle passeggiate, ma anche al business. Ma tutto questo, a settembre, sarà frenato dalla disoccupazione. È inevitabile».

Nemmeno con le risorse che dovrebbero prima o poi arrivare dall'Europa si può invertire il trend?
«Solo se saranno spese bene possono essere una grande occasione. Ma l'Europa ci darà risorse solo se ci saranno programmi chiari per la riforma della Pubblica amministrazione o del fisco, e non una politica di soli sussidi. Il punto sa qual è?».

Dica.

«Anche se a un'azienda vengono dati 1000 miliardi ma non è in grado di spenderli, questi soldi vengono dissipati. Ed è questa la situazione del Paese. Questo governo non ha le competenze tecniche per gestire la ripresa. E allora le competenze o si cercano all'esterno oppure la soluzione è un governo di unità nazionale guidato da una personalità come Mario Draghi. Ma questo non accadrà, perché sono tutti attaccati alle poltrone».  Leggi l'articolo completo su
Il Mattino