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Quello che Mario Draghi ha definito un condono per le vecchie cartelle esattoriali è il frutto di un laborioso compromesso interno alla maggioranza. Dopo un negoziato che è andato avanti per settimane e che ha avuto momenti di tensione nelle ore precedenti al Consiglio dei ministri di due giorni fa, è stato trovato un accordo su un doppio tetto per limitare l’operazione.
Primo: si potrà ottenere la rottamazione del debito solo sotto i 5 mila euro di valore del ruolo (a condizione di avere un reddito inferiore a 30 mila euro per beneficiarne). Secondo: ci sarà una finestra temporale ridotta, dal 2000 al 2010, anziché fino al 2015 come si era ipotizzato inizialmente.
Ma la conseguenza principale di questo assetto è che di fatto l’operazione non scatterà prima del mese di giugno. Perché è vero che il decreto legge approvato dal Consiglio dei ministri sospende, a partire dalla sua entrata in vigore, la riscossione delle cartelle con le caratteristiche di cui sopra (e i relativi termini di prescrizione). Ma allo stesso tempo rinvia, per la definizione delle modalità e dei tempi di annullamento dei crediti, ad un provvedimento attuativo del ministero dell’Economia da emanare entro trenta giorni dalla data di conversione del decreto stesso, prevedibilmente tra due mesi o poco meno. Quindi, anche se il ministero dell’Economia fosse particolarmente rapido nell’adozione del suo provvedimento, si arriverebbe comunque a giugno o immediatamente a ridosso di quel mese.
Ma è altamente probabile che a quel punto le indicazioni vangano date a partire da norme diverse da quelle messe nero su bianco nel decreto Sostegni. Una parte della maggioranza, Lega e Forza Italia, ha già fatto sapere di voler lavorare ad un allargamento della sanatoria.
Intanto dalla relazione tecnica emerge che il costo dell’operazione sarà di 306 milioni per il primo anno, destinati a salire complessivamente a 666 al 2025: molto meno dei circa 1,8 miliardi inizialmente previsti. La soluzione definita fin qui, come già accennato, accontenta l’ala più a sinistra della maxi-maggioranza, che mal digeriva un condono ampio come si era prospettato all’inizio, ma consente anche al centrodestra, e a Italia Viva, di rivendicare il successo perché si procederà a stretto giro alla riforma della riscossione. Con la nuova cancellazione dei debiti fiscali, che segue quella delle mini-cartelle sotto i 1000 euro del 2019, saranno automaticamente annullati i debiti di importo residuo fino a 5 mila euro comprensivo di capitale, interessi e sanzioni, comprese le cartelle ancora oggetto della rottamazione. Non tutte le imposte saranno stralciabili. Potranno essere cancellate le più importanti (Irpef, Iva, Irap e multe auto) ma il governo ha escluso alcune poste come i crediti collegati al recupero degli aiuti di Stato, ammende e sanzioni dovute in caso di sentenze penali di condanna, crediti derivanti da pronunce di condanna della Corte dei conti, l’Iva europea e debiti per i quali sono state avviate procedure esecutive, concorsuali o procedimenti di ristrutturazione del debito. Le somme eventualmente versate dai contribuenti prima dell’effettivo annullamento resteranno acquisite all’erario e quindi in nessun modo potranno essere restituite.
Quanto al limite di reddito posto a 30 mila euro (relativamente all’imponibile dell’imposta sul reddito e non all’Isee, a differenza di quanto ipotizzato precedentemente) la stessa relazione tecnica al provvedimento stima che questo “paletto” escluda comunque solo una porzione limitata dei possibili beneficiari. Infatti in base alle simulazioni circa l’83 per cento dei codici fiscali - rispetto alla platea di quelli che hanno debiti fiscali fino a 5 mila euro nel periodo stabilito - potrà comunque beneficiare della sanatoria. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino