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Il governo accarezza l’idea di una nuova sanatoria. La riapertura dei termini per chi non aveva versato le rate del 2020 della rottamazione ter e del saldo e stralcio si è rivelata un fallimento. Appena la metà dei 530 mila contribuenti che il Parlamento aveva voluto riabilitare durante la conversione del decreto Sostegni ter ha colto questa opportunità. Il termine per rimettersi in corsa, grazie ai 5 giorni di tolleranza e ai sabati e alle domeniche, è scaduto il 9 maggio scorso. Ma, appunto, solo il 50 per cento di chi sarebbe dovuto passare alla cassa lo ha fatto.
Cosa succede adesso? Norme alla mano, lo Stato dovrebbe cancellare tutte le agevolazioni (eliminazione di interessi e more e in qualche caso abbattimento di parte del debito) reclamando le tasse in sospeso per intero. Ma l’esecutivo ragiona su una ipotesi alternativa. Vale a dire, come detto, riaprire i tempi della sanatoria concedendo un’altra dilazione dei versamenti. L’ipotesi sulla quale si lavora prevede rate trimestrali spalmate su 20 frazioni da onorare nell’arco di 5 anni. La questione, comunque, è molto delicata. Il mancato versamento delle rate della pace fiscale ha avuto una pesante ricaduta in termini di recupero per le casse dell’erario.
In ballo ci sono complessivamente 2,45 miliardi di euro che riguardano sia chi non aveva versato le rate 2020 sia quelle del 2021.
Tra l’altro, occorre ricordare che l’8 agosto ci sarà la scadenza per le rate del 2021 della pace fiscale. La scadenza, in questo caso, è fissata al 31 luglio, ma anche qui, grazie ai cinque giorni di tolleranza e ai sabati e alle domeniche, si potrà avere a disposizione una settimana in più. Ipotizzare una corsa ai versamenti, anche in questo caso, è illusorio. Sono 19 milioni i contribuenti che hanno cartelle non pagate. E in quel monte ci sono anche contribuenti che hanno debiti irrisori. Ma nonostante questo, si fa fatica a onorare i debiti.
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