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Per ora l’italianità di Oto Melara e di Wass è salva. Ma il rischio di un passaggio a un’azienda francese e/o tedesca di questi due gioielli del Made in Italy non è fugato.
E il governo e il gruppo Leonardo, che li possiede, farebbero bene a studiare in tempi rapidi una soluzione che possa valorizzarli. A meno che l’amministratore delegato di Leonardo, Alessandro Profumo, non abbia già deciso di metterli fuori perimetro. In questo caso la parola spetterebbe alla politica: è il Tesoro a controllare il gigante dell’aerospazio e della difesa. In verità, il governo si è già espresso: il futuro assetto delle due aziende dovrà tenere conto dell’interesse nazionale anche nel quadro di possibili intese a livello europeo. Una posizione sulla quale convergono l’opposizione e i sindacati.
I PRETENDENTI
Numerosi rimangono gli aspiranti acquirenti delle due aziende: dal consorzio franco-tedesco Knds alla britannica Bae Systems, dalla tedesca Rheinmetall a Iveco Defence Vehicles e soprattutto a Fincantieri, il gruppo italiano controllato al 71% di Cassa depositi e prestiti.
UNA STRATEGIA DUBBIA
Profumo potrebbe voler dismettere la parte più propriamente militare del gruppo consapevole delle crescenti difficoltà che sui mercati finanziari incontrano i produttori di armamenti e investire nel settore dell’elettronica le risorse derivate dalle vendite per ritagliarsi un ruolo di fornitore globale in eventuali progetti europei. Una strategia interessante a patto che questi progetti si realizzino davvero, e non sarà facile visto che la Commissione Ue ha tagliato la loro dotazione in modo consistente. Non solo. L’esperienza dimostra come non sia per niente scontato che all’Italia venga concesso quanto promesso. Ecco perché la politica non può rimanere alla finestra, comunicati a parte. Va evitato a tutti i costi che i fondi nazionali per investimenti e commesse finiscano per finanziare la crescita di gruppi stranieri che in pochi anni potrebbero privare l’Italia di know how, posti di lavoro ed esportazioni. Una strategia – come ha sottolineato il ministro del Lavoro, Andrea Orlando – tutt’altro che intelligente.
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