Lo tsunami è appena cominciata dalle parti della Banca centrale Usa. Il 74enne vice presidente della Fed, Stanley Fischer, ha annunciato di le sue dimissioni con effetto a...
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Insomma Yellen difende a spada tratta la riforma di Wall Street, respingendo seccamente l’approccio di Donald Trump e del Congresso americano a maggioranza repubblicana per un allentamento delle regole. Un approccio che non deve essere stato troppo gradito a Trump. Di qui le scommesse dei bookmaker di Washington che puntano sul capo-consigliere economico Gary Cohn come futuro capo della Fed. Le dimissioni di Fisher sembrano confermare l’aria che tira. Del resto, il recente colloquio del numero due della Fed con il Financial Times può aiutare a chiarire un po’ lo spirito delle dimissioni di Fisher. Nella Fed «abbiamo molta autonomia», dice, ma le cose a Washington vanno molto diversamente da come vanno in Gran Bretagna. Il Congresso Usa è molto coinvolto su questi temi e ora la pressione è per un allentamento delle regole», continua. «Per me può anche funzionare un allentamento delle regole per le banche più piccole, ma al contrario la pressione per un allentamento dei paletti per le grandi banche mi sembra molto, molto preoccupante». Lo stesso Fisher ha affidato alla lettera inviata a Trump l’ultima fotografia sull’economia americana, chw «ha continuato a rafforzarsi, creando milioni di posti di lavoro” da quando è arrivato alla Fed, appunto nel 2014». Ecco perchè Fischer si è detto «orgoglioso di avere reso il sistema finanziario più solido e più resiliente, traendo insegnamento dalla lezione impartita dalla crisi».
Fischer, ex banchiere centrale di Israele, è stato ex docente al prestigioso Massachusetts Institute of Tecnology (Mit) negli anni settanta e ottanta.
Il Mattino