La pubblica amministrazione e lo strano caso della firma digitale. Obbligatoria? Si, no, forse

La pubblica amministrazione e lo strano caso della firma digitale. Obbligatoria? Si, no, forse
Ma è obbligatoria? No, però... Ascolta: Andrea Orcel (Unicredit): «Il rialzo dei tassi è inevitabile, ma va fatto con cautela» ...

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Ma è obbligatoria? No, però...

Farsi catalogare come un passatista è un attimo, ma la firma digitale e la sua obbligatorietà presunta costituiscono uno dei tanti gradini di un rapporto insano tra cittadini e pubblica amministrazione.

 

La tecnologia dovrebbe aggiungere possibilità e facilitare la vita dei cittadini. La firma digitale è un’opzione utilissima per autenticare a distanza atti e documenti che se dovessero essere autografati richiederebbero spedizioni, ritardi, rinvii. Ma non si dovrebbe arrivare a pretendere una firma digitale al posto di una scritta. E invece succede – a macchia di leopardo, il nostro è un Paese diviso tra gattopardi e leopardi maculati – che ogni tanto a una pubblica amministrazione (ce ne sono circa ventimila in Italia, di diversa natura: dai Comuni alle Asl, dalle Università ai Ministeri) venga in mente di pretendere dal cittadino una firma digitale al posto di quella che potrebbe essere apposta su carta, con penna di ordinanza. L’asimmetria tra Stato (in tutte le sue forme istituzionali) e cittadini è nota da sempre. Ma ogni volta che la si tocca con mano produce orticaria. Perché una pubblica amministrazione può arrogarsi il diritto di pretendere una firma digitale in calce a un contratto? Secondo una recente sentenza del Tar è sufficiente la firma autografa in assenza della digitale. I giudici amministrativi spiegano nelle motivazioni della sentenza che la firma digitale equivale a quella autografa apposta su un documento cartaceo e quindi la sua funzione è garantire autenticità, integrità e validità di un atto. Di conseguenza sono da considerare equivalenti. Eppure… Di fronte all’insistenza del funzionario ci si arma di pazienza e denaro (minimo 85 euro) e si procede nel tortuoso mondo dei Pin, dei Puk, degli Otp e delle password da generare (e ricordare: magari su un block notes di carta). Perché pretendere quello che la legge non impone come obbligatorio? Le amministrazioni pubbliche, come le aziende private, sono dotate di servizi interni – ufficio protocollo, segreteria tecnica, assistente del direttore, etc – di cui è sprovvisto il normale cittadino che deve smanettare tra pc e smartphone per assecondare le bizze di un’interfaccia amministrativa che non ammette replica. “Ci serve la firma digitale”. Ma perché se posso passare a firmare la carta?

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Il Mattino