Inps, dal 2019 in pensione a 67 anni, dal 2021 aumenti biennali: ecco cosa cambia

Inps, dal 2019 in pensione a 67 anni, dal 2021 aumenti biennali: ecco cosa cambia
Dal 2019 si andrà in pensione di vecchiaia con almeno 67 anni di età se si hanno almeno 20 anni di contributi o con 71 se si ha il primo accredito contributivo dopo...

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Dal 2019 si andrà in pensione di vecchiaia con almeno 67 anni di età se si hanno almeno 20 anni di contributi o con 71 se si ha il primo accredito contributivo dopo il 1996 e si hanno meno di 20 anni di contributi ma comunque più di cinque. Lo ribadisce l'Inps con una circolare nella quale ricorda l'aumento previsto di cinque mesi per i requisiti per l'uscita dal lavoro e spiega il nuovo metodo di calcolo per gli aumenti legati all'aspettativa di vita che dal 2021 saranno biennali (e non potranno superare i tre mesi ogni volta).


L'Inps ricorda che dall'anno prossimo si potrà andare in pensione anticipata rispetto all'età di vecchiaia solo con 43 anni e tre mesi di contributi (42 anni e tre mesi se donna). Saranno esentate dall'aumento dei requisiti i lavoratori impegnati in lavori gravosi delle 15 categorie definite dal Governo l'anno scorso. La variazione della speranza di vita relativa al biennio 2021-2022 - spiega l'Inps - è computata in misura pari alla differenza tra la media dei valori registrati nel biennio 2017-2018 e il valore registrato nel 2016.

A decorrere dal 2023, la variazione della speranza di vita relativa al biennio di riferimento è calcolata «in misura pari alla differenza tra la media dei valori registrati nei singoli anni del biennio medesimo e la media dei valori registrati nei singoli anni del biennio immediatamente precedente». Per il biennio 2023-2024 quindi la variazione della speranza di vita è calcolata in misura pari alla differenza tra la media dei valori registrati nel 2019-2020 e la media dei valori registrati nel 2017-2018.


Dal 2021, gli adeguamenti biennali non possono in ogni caso superare i tre mesi. Nel caso di incremento della speranza di vita superiore a tre mesi, la parte eccedente andrà a sommarsi agli adeguamenti successivi, fermo restando il limite di tre mesi. Nel caso di diminuzione della speranza di vita l'adeguamento non viene effettuato e di tale diminuzione si terrà conto nei successivi adeguamenti, fermo restando il predetto limite di tre mesi.
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Il Mattino