Pensioni, non far scattare l'aumento dell'età a 67 costerebbe 1,2 miliardi

Pensioni, non far scattare l'aumento dell'età a 67 costerebbe 1,2 miliardi
Bloccare l'aumento dell'età per la pensione, che rischia di salire a 67 anni, costerebbe 1,2 miliardi. È questa la cifra, secondo fonti vicine al dossier,...

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Bloccare l'aumento dell'età per la pensione, che rischia di salire a 67 anni, costerebbe 1,2 miliardi. È questa la cifra, secondo fonti vicine al dossier, che bisognerebbe stanziare a partire dal 2019, anno in cui scatterebbe lo scalino. E non solo, da quella data, secondo l'Rgs, tornerebbe a salire il rapporto tra la spesa pensionistica e il Pil, pur in presenza di una stretta sui requisiti di accesso.


Il problema dell'età va però affrontato ora perché l'adeguamento all'aspettativa di vita deve essere messo a punto entro dicembre. Cgil, Cisl e Uil fanno fronte comune per chiedere il congelamento a 66 anni e 7 mesi. «L'unica e ultima possibilità di intervenire è la legge di Bilancio», sostengono. «Valuteremo con i sindacati se il grado della discussione tecnica ci consente un confronto politico», spiega il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti. La partita si giocherà in questa seconda metà di luglio ma il quadro potrebbe essere più chiaro già lunedì, quando è in programma nelle sede del Pd un convegno sulla riforma della previdenza. A parlarne saranno i protagonisti: Poletti, i leader di Cgil, Cisl e Uil.

I Dem saranno saranno rappresentati dal vicesegretario Maurizio Martina e dal responsabile per il lavoro Tommaso Nannicini. Il seminario punta sulle nuove generazioni: «Non è una pensione per i giovani». E in effetti il "pacchetto previdenza" ha dentro anche la tutela di chi ha carriere precarie. Due sarebbero le strade: intervenire con una pensione minima, integrando i trattamenti sotto una certa soglia (c'è già una proposta in Parlamento) oppure optare per una "pensione di garanzia": un premio, commisurato ai contributi versati, che valorizzi i periodi di sofferenza lavorativa.

Si potrebbero così immaginare dei bonus per i periodi passati in collaborazione o part time. Inoltre per consentire l'uscita anticipata a chi è totalmente nel contributivo, chi ora è under40, si chiede l'eliminazione dei vincoli che legano il pensionamento a un importo non inferiore a 1.250 euro mensili. Tuttavia la questione che i sindacati considerano «preliminare» resta lo stop all'automatismo che aggancia aspettativa di vita ed età pensionabile: «non è pensabile ipotizzare ulteriori aumenti», «già oggi le norme italiane sono fra le più penalizzanti in Europa», sostengono i segretari confederali di Cgil, Roberto Ghiselli, di Cisl, Maurizio Petriccioli, e Uil, Domenico Proietti.


I tre chiedono «la sterilizzazione del meccanismo», senza aspettare ottobre, quando l'Istat comunicherà il dato definitivo sui mesi in più. Intanto c'è chi vede aprirsi qualche spiraglio. «Sono stati fatti dei passi avanti» dice Barbagallo, anche se, aggiunge, «tutto deve essere ancora verificato nel confronto politico». Certo bisognerà fare i conti con le cifre, anche perché avverte la Ragioneria, il rapporto tra spesa pensionistica e Pil risalirà, proprio dal 2019. La stretta sui requisiti di accesso, infatti, non potrà controbilanciare del tutto gli effetti demografici, il riversamento tra i pensionati delle generazioni del baby boom.
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Il Mattino