Manovra, cosa cambia per le pensioni dei dipendenti pubblici con la legge di bilancio

Le novità riguardano solo gli iscritti ad alcune casse (come i sanitari). Differenze sostanziali per coloro che hanno una bassa anzianità

Manovra, cosa cambia per le pensioni dei dipendenti pubblici con la legge di bilancio
La legge di Bilancio potrebbe provocare un'uscita di massa dei dipendenti pubblici che hanno già maturato il diritto alla pensione ad altro titolo: in questo modo...

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La legge di Bilancio potrebbe provocare un'uscita di massa dei dipendenti pubblici che hanno già maturato il diritto alla pensione ad altro titolo: in questo modo possono essere sicuri di mettere "in cassaforte" il proprio assegno. Con l'entrata in vigore delle nuove norme, infatti, cambiano i parametri e rischiano di rimetterci medici ospedalieri, dipendenti degli enti locali, ufficiali giudiziari e insegnanti elementari che hanno versato contributi prima del 1993 (quando era in vigore il sistema retributivo).

Cosa cambia

Nell'articolo 33 della Legge di Bilancio depositata in Senato si prevede la revisione (al ribasso) dal 2024 dei coefficienti di calcolo delle quote retributive. Il prezzo più alto lo pagheranno coloro che hanno anzianità minime al 31 dicembre 1992. In particolare, questa novità riguarda gli iscritti ad alcune casse (enti locali, sanitari, insegnanti, ufficiali giudiziari). Diverso è il caso di chi appartiene alla Cassa Stato (o al fondo pensione lavoratori dipendenti di Inps) le cui aliquote aumentano proporzionalmente con l'anzianità contributiva.

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I numeri

I coefficienti attualmente previsti dalla legge 965/1965 e usati per calcolare le pensioni fino al 31 dicembre 2023 stabiliscono dei parametri non lineari: viene garantito un rendimento del 24% circa (calcolato sull'ultimo stipendio fisso e continuativo) purché vi sia di un solo mese di anzianità di contribuzione al 31 dicembre 1992 in una delle gestioni amministrate dagli ex Istituti di previdenza. In sostanza, per mille euro di retribuzione, parliamo di una quota di pensione di circa 240 euro. Questi coefficenti si applicano per anzianità fino al 1994 (se c'è almeno un contributo risalente al 1992).

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Con il nuovo criterio invece si ritorna su un incremento lineare, calcolato su base annua del 2,50%. Qui per mille euro di retribuzione pensionabile, un solo anno di anzianità porta a una pensione di 25 euro (prima era di circa 240), mentre 14 anni a 350 euro (prima era circa 360). Sopra i 15 anni, invece si applicano i coefficenti in vigore oggi. Insomma, la differenza è sostanziale per chi ha pochi anni di anzianità, quasi nulla col crescere degli anni di retribuzione. 

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Il Mattino