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Non solo il prioritario taglio al cuneo fiscale o le politiche demografiche e la natalità. Anche se come ha spiegato ieri Giorgia Meloni in consiglio dei ministri «è presto per dire, nel dettaglio, il quadro delle misure della prossima legge di bilancio», dai ministeri continuano a filtrare alcune indiscrezioni sulle tessere del puzzle che andranno a completare la manovra. E, quantomeno in questa fase, non sembrano mancare alcune sorprese.
Ad esempio, rivela un’autorevole fonte all’interno dell’esecutivo, se è ormai certo che sul fronte delle pensioni Quota 41 è irrealizzabile per il 2024 e si opterà quindi per un rinnovo di Quota 103 con rivalutazione delle minime a 600 euro, non è altrettanto sicuro che la cosiddetta Opzione donna resti al suo posto.
La formula dei 35 anni di contributi necessari per andare in pensione una volta compiuto il sessantesimo anno di età (o, in alcuni casi, anche solo 58 o 59) non sembra infatti attrarre particolarmente le lavoratrici italiane. «L’assegno subisce un taglio troppo drastico e quindi la misura rende poco» spiega. Tuttavia, garantiscono invece dal ministero del Lavoro, l’eliminazione comporterebbe il contestuale inserimento di nuove tutele nel pacchetto Ape sociale. Una sorta di accorpamento che però prevederebbe maggiore flessibilità ad esempio per caregiver e lavoratrici in specifiche condizioni. Un riordino degli incentivi che peraltro sembra rispondere in pieno a quella necessità di tagliare «sprechi e inefficienze» invocata proprio da Meloni per costruire una manovra che risponda all’immagine del governo. «È un lavoro complesso, me ne rendo conto, ma dobbiamo avere il coraggio di farlo perché è da qui che parte la svolta».
IL BONUS
L’obiettivo chiaramente è evitare che la finanziaria possa - come lo scorso anno - essere assorbita quasi per intero da interventi emergenziali.
IL PATTO DI STABILITÀ
Avanzare proposte solo ben circostanziate e magari con coperture già potenzialmente disponibili è del resto la sola ricetta che il governo può pensare di attuare. In questa fase è infatti ancora impossibile definire quali saranno le regole di bilancio europee entro cui bisognerà muoversi il prossimo anno. Tant’è che durante la conferenza stampa tenuta ieri sera il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha specificato come «La commissione» Ue abbia già «provveduto a pubblicare una sorta di guidance prevedendo l’ipotesi che non si riesca ad approvare un nuovo Patto entro fine anno, che forse è l’ipotesi più probabile». In altri termini, al netto degli incontri dell’Ecofin (il consesso dei ministri delle Finanze dei ventisette Paesi Ue) che si terranno sin dalle prossime settimane, il governo potrebbe essere costretto a navigare a vista. «Noi cercheremo di rispettare gli obiettivi con un principio di responsabilità, tenendo conto delle circostanze e dei fattori rilevanti - come li chiamano in Europa - che si stanno verificando nel 2023 e di cui daremo puntualmente conto in occasione della Nadef» ha concluso Giorgetti.
Il Mattino