Infrastrutture, buco di 100mila addetti. Una mina per il Pnrr

Infrastrutture, buco di 100mila addetti. Una mina per il Pnrr
Dotare l’Italia di un patrimonio infrastrutturale moderno e sostenibile sfruttando al meglio l’occasione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). E in...

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Dotare l’Italia di un patrimonio infrastrutturale moderno e sostenibile sfruttando al meglio l’occasione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). E in questo modo contribuire a rimettere in moto il Paese e a renderlo più competitivo e attrattivo per gli investimenti. Il Recovery plan messo a punto dal governo di Mario Draghi si concentra ampiamente sul rilancio degli investimenti pubblici e sulla necessità di riequilibrare i divari territoriali del Paese, soprattutto fra Nord e Sud. Per confrontarsi sulle riforme più urgenti per favorire la crescita e su come agevolare la cooperazione tra pubblico e privato, ieri a Roma Intesa Sanpaolo ha messo intorno a un tavolo istituzioni, enti pubblici, imprese e mondo della finanza. «Infrastrutture sostenibili: un bene comune», il titolo dell’incontro.  

«L’Italia sta vivendo un momento unico, con il Pnrr e i piani di ripresa collegati. Ma la vera sfida è realizzare le opere nei tempi programmati», ha sottolineato Pietro Salini, amministratore delegato di Webuild, gruppo specializzato nel campo delle grandi infrastrutture. «I fondi del Pnrr siano anche occasione per spingere sulla formazione di figure professionali specializzate che mancano nel nostro settore», ha poi osservato Salini, aggiungendo che per la realizzazione delle opere incluse nel Recovery plan italiano «si stima un fabbisogno di personale di circa 100 mila unità. Di queste, 26 mila sono figure specializzate difficili da reperire sul mercato in questa fase di rilancio». Nel settore delle costruzioni poi, sempre secondo Salini, c’è da superare un altro ostacolo: la «paura della firma». «Il primo problema che abbiamo in questo paese è che c’è questa paura della firma: nel nostro settore non ci sono funzionari pubblici che si assumano questa responsabilità», ha sostenuto il numero uno di Webuild. 

Sulla difficoltà di trovare figure specializzate si è soffermato anche l’amministratore delegato delle Fs, Luigi Ferraris. «Il tema dei tecnici e degli ingegneri è molto importante», ha detto il manager. «Adesso dobbiamo lavorare sulla capitalizzazione delle competenze», ha continuato il capo delle Ferrovie, che dovrà gestire una grossa fetta degli investimenti del Pnrr (quasi 25 sono i miliardi del piano destinati alle infrastrutture ferroviarie). «Prevediamo che nei prossimi 10 anni dovremmo lavorare come Fs su ritmi di investimento di 10-12 miliardi l’anno. È un grosso salto, dentro questi investimenti non ci sono solo le opere ma treni, tecnologia, manutenzione; è una grande sfida che anche in casa nostra presuppone una accelerazione e lo sviluppo delle competenze», ha affermato Ferraris. 

Il numero uno delle Poste, Matteo Del Fante, si è concentrato invece sul tema della produttività. «È vero che abbiamo un gap di 36 punti negli investimenti, ma abbiamo un gap ancora più grande di produttività», ha notato. Renato Ravanelli, amministratore delegato di F2i, gestore di fondi infrastrutturali con attività per 6 miliardi, ha insistito invece sulla dimensione degli operatori. «Il paese ha bisogno di infrastrutture efficienti, il sistema è ancora fragile perché dal lato dell’offerta i gestori di infrastrutture sono frammentati - ha rilevato -. È importante avere una dimensione di scala per avere infrastrutture sicure, efficienti e moderne». 

«Non possiamo più parlare solo di infrastrutture: o sono sostenibili o non sono», ha avvertito il ministro delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili, Enrico Giovannini, spiegando che transizione ecologica, sviluppo economico e riduzione delle disuguaglianze vanno di pari passo. 

Un terreno su cui si giocherà la riuscita della sfida del Pnrr sarà anche il Mezzogiorno, cui viene destinato il 40% delle risorse. La ministra per il Sud Mara Carfagna ha messo in evidenza che il piano rappresenta un «cambio di paradigma». «Stiamo costruendo le condizioni per fare del Mezzogiorno nei prossimi 5-10 anni un habitat naturale favorevole all’attività di impresa». Un’area che potrà finalmente contare su «una rete logistica efficiente e moderna e uno Stato alleato».

«Solo attraverso un patrimonio infrastrutturale moderno, sicuro e connesso potremo ambire al progresso sociale e alla crescita sostenibile e duratura di tutto il Paese, e in particolare al rilancio del Mezzogiorno», sono state le parole di Gaetano Miccichè, chairman della divisione Imi Cib di Intesa Sanpaolo. «L’Italia sta mostrando incoraggianti segnali di ripresa - ha proseguito Mauro Micillo, chief della divisione Imi Cib di Intesa Sanpaolo - e il rinnovato interesse per investimenti nel nostro Paese da parte dei principali operatori industriali e finanziari internazionali testimonia le enormi potenzialità che il nostro ricchissimo tessuto imprenditoriale può esprimere». 

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Il Mattino